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«Pensare di avere risolto la situazione con il manganello, significa non aver capito la lezione di Rosarno». Il ministro dell’Interno Roberto Maroni, in un’intervista al Messaggero, spiega che la «lezione di Rosarno» è che «ci sono due modi per affrontare queste emergenze: il primo, intervenire con la polizia, il secondo è quello di riunire governo, istituzioni locali, associazioni di categoria e imprenditori e stabilire un intervento complessivo».
La task force del Viminale a Rosarno ha potuto rendersi conto di quanto sia forte l’incidenza del lavoro nero che Maroni è deciso ad eliminare: «Bisogna fermare il lavoro nero – dice – finora sono stati chiusi tutti e due gli occhi per complicità e per convenienze a molti livelli».
Lo strumento per regolarizzare il lavoro degli immigrati esiste già ed è il voucher, un ‘buono lavoro’ a costo minimo per l’impresa.
Domani al Senato, Maroni intende lanciare «un appello a tutte le componenti delle istituzioni a livello centrale e locale affinchè si abbandoni la polemica e si faccia un grande sforzo comune, comprese le associazioni di categoria imprenditoriali, affinchè siano garantite condizioni di lavoro e di permanenza umane per tutti coloro che vengono utilizzati in questo tipo di attività».
Quanto alla possibile mano della ‘ndrangheta dietro i disordini di Rosarno, Maroni ha dichiarato: «Quando c’è un fenomeno del genere è facile attribuirlo alla cosche, così tutti se ne lavano le mani; non escludo che ci sia la criminalità organizzata ma lasciamo il tempo ai magistrati di decifrare i fatti».

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