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di FRANCA FORTUNATO
Viviamo in una società in cui si è perso il valore della vecchiaia e il senso della morte. Il passare del tempo si vive nella paura del decadimento fisico-mentale e nell’orrore dell’annientamento. E’ di questo che ci parlano i visi e i corpi di tante donne chirurgicamente modificati. E’ di questo che ci parlano i casi di accanimento terapeutico – come quello di Eluana Englaro- e la volontà di approvare un testamento biologico. Si cerca di trovare la fonte dell’eterna giovinezza anziché accettare la vecchiaia come un’altra fase della vita, si cerca di negare la morte anziché imparare ad accettarla come parte della vita. Vecchiaia e morte, dunque, da temere, negare, con la paura e l’orrore di non poterle controllare. Mostruoso e illusorio è aggrapparsi alla fonte dell’eterna giovinezza per rifiutare i segni della vecchiaia, mostruoso e illusorio è aggrapparsi a una macchina per rifiutare la morte. E’ una perdita di civiltà, questa. Di quale civiltà? Quella delle epoche antiche, delle culture più tradizionali dove la vecchiaia era spesso sinonimo di saggezza e la morte un momento della vita da accompagnare come la nascita. Oggi non riconosciamo più quella saggezza, che fluisce come sorgente, non stiamo ad ascoltare i vecchi. La vecchiaia come la morte ci fa paura. Qual è l’immagine dominante della vecchiaia? Come l’oscurità, talvolta, viene definita come l’assenza della luce, così la vecchiaia -come scrive la femminista americana Betty Friedan – è definita come assenza della giovinezza. E’ un’immagine negativa, quella che, pertanto, persiste e più si cerca la fontana dell’eterna giovinezza e più quell’ immagine si rafforza. Perché non pensare alla vecchiaia – come suggerisce la Friedan e come fanno tante donne- come una nuova fase dell’esistenza umana e non soltanto come alla decadenza che ci attende dopo la giovinezza? Bisogna spezzare e superare questa terribile “mistica della vecchiaia”, dove il tempo diventa il nemico da combattere. Il problema – come scrive la Friedan – non è come restare giovani, ma come lanciarci nell’autentico ignoto esistenziale di questi nuovi anni di vita, che si aprono a noi e di trovare i nostri modi di viverli. Perché le donne invecchiano meglio e vivono più a lungo degli uomini? Le aspettative di vita in Europa – secondo i dati del Censis- per le donne arrivano a 79,4 anni e per gli uomini a 71,0 77,1 (83,2 e 77,1 in Italia). Oggi, dunque, le donne sopravvivono 8 anni in più degli uomini. Se questa tendenza continuerà, si valuta che nel 2020 la differenza sarà circa 10 anni. Io credo che il femminismo, che ha dato alle donne una vita migliore, oggi stia dando loro anche una vecchiaia migliore, di quella degli uomini. Abituate a guardare dentro di sé, ad ascoltare il proprio corpo e il proprio desiderio, a vivere consapevolmente le relazioni tra donne e tra donne e uomini, moltissime, più degli uomini, stanno affrontando la vecchiaia con vitalità. Questa nuova consapevolezza ci consente di spezzare la paura della vecchiaia e il relativo diniego e ci porta ad affrontare, anche, la realtà che essa termina con la morte. E’ la paura della morte che ci getta nell’affanno di voler controllare tutto, ma la morte è qualcosa che non possiamo controllare, neppure la nuova tecnologia lo può fare. Nel consentirci di continuare a respirare, quando non possiamo più parlare o scrivere o muoverci o spartire con gli altri gioie e dolori, la tecnologia ci costringe a confrontarci con l’integrità della vecchiaia e della vita e a pensare alle possibilità di scelta di morire, alla definizione di un punto per noi, oltre il quale non possiamo neanche concepire di voler vivere. L’unica cosa che possiamo fare, per liberarci dalla paura della vecchiaia e della morte è dare un senso, fino alla fine, alla nostra esistenza.

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