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A metà della prossima settimana si procederà ad aprire le bare contenute in una settantina di loculi del cimitero di Serra D’Aiello, nei quali sono sepolti cadaveri di degenti dell’istituto di assistenza Papa Giovanni XXIII.
La decisione al fine di prelevare campioni di ossa o di midollo che saranno poi inviati ai carabinieri del Ris di Messina per sottoporli al test del dna per giungere all’identificazione dei resti.
L’operazione è stata disposta dalla Procura di Paola che da anni conduce un’inchiesta sulla gestione dell’istituto e che riguarda, tra l’altro, la sparizione sospetta di almeno sette degenti avvenuta negli ultimi 15 anni.
«I loculi che saranno aperti – ha detto stamani il procuratore di Paola Bruno Giordano che insieme al pm Roberta Carotenuto coordina l’inchiesta – sono una settantina, ma visto quello che abbiamo scoperto l’estate scorsa non possiamo dire quanti siano i cadaveri contenuti.
Nella gestione del Papa Giovanni ci sono zone d’ombra anche per quanto riguarda la conduzione amministrativa dei decessi. Vorremmo cercare anche di verificare se tutti i decessi sono stati denunciati con le modalità ed i tempi giusti, ma la situazione dei registri è disarmante per come sono tenuti».
I resti saranno prelevati dai tecnici dell’Istituto di medicina legale di Catanzaro che per tutta la durata dell’operazione, prevista in una settimana circa, stazioneranno nel cimitero grazie alle tende messe a disposizione dai vigili del fuoco.
«Non mi prefiguro grandi risultati – ha aggiunto Giordano – ma un’indagine di tale complessità, che copre un arco di tempo di una ventina d’anni, deve essere condotta a tappeto. Non vogliamo lasciare niente di intentato».
La decisione di estrarre i resti dalle bare per comparare il dna con i familiari degli scomparsi è stata presa dopo che nell’estate scorsa, una prima verifica parziale ha portato alla scoperta di quattro bare in due loculi. «Ciò – ha detto Giordano – è il segnale di un certo modo di gestire il rapporto con i decessi che c’era nell’Istituto. Quantomeno ci sono aperte violazioni delle disposizioni di polizia mortuaria».
A complicare il lavoro degli investigatori, c’è anche il fatto sul registro del cimitero, i morti sono segnati con la loro identità ma viene indicato genericamente solo il settore in cui sono sepolti. Inoltre, su molti loculi c’è solamente una o due x che, da quanto emerso l’estate scorsa, indicherebbe il numero delle bare contenute che per la loro pessima qualità non riportano inciso alcune nome.
Il Papa Giovanni, per disposizione della Procura di Paola, è stato chiuso nel marzo dello scorso anno ed i degenti trasferiti in altre strutture. Nell’ottobre scorso, inoltre, l’ex sacerdote don Alfredo Luberto, ex presidente dell’Istituto, è stato condannato a 7 anni di reclusione nell’ambito del troncone di inchiesta sulle irregolarità nella gestione. Luberto era accusato di aver sottratto ingenti somme di denaro.

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