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di PARIDE LEPORACE
CHISSA’ se Nicola Pagliuca conosce la figura di Jerry Brown? Era un aspirante presidente americano qualche anno fa impegnato nella corsa della Casa Bianca. Lo definirono il Messia degli scontenti. Vinse le primarie nel Connectitut contro Clinton infiammando chi non sopportava il flusso della grande onda. E Nicola Pagliuca designato da Roma dai massimi plenipotenziari del partito, Berlusconi compreso, si può dire che ha vinto delle primarie per sfidare Vito De Filippo.
Nicola Pagliuca è l’outsider che combatte contro il mondo tradizionale della politica. Ma con una caratteristica particolare. Avendo frequentato da protagonista Montecitorio e la sala del Consiglio regionale è l’uomo dell’establishment di destra costretto a scegliere la strada dell’eresia. L’unica da imboccare per battere Vito l’uomo del potere.
Chiamatela missione impossibile o giro del mondo controvento, Nicola da Melfi ha fatto di tutto per essere lo sfidante berlusconiano nella Romagna del Sud, ovvero in Basilicata, terra dove le sirene non hanno quasi mai cantato per il Partito dell’amore.
Una strada in salita per il commercialista molto esperto di acque minerali cui cura la consulenza che gli avvale qualche simpatia sotto l’aquilotto confindustriale tanto da essere ancora l’unico uomo del Pdl ad aver un buon rapporto con Attilio Martorano. Quasi coetaneo di Vito De Filippo.
Due quasi cinquantenni che secondo le tendenze globali dimostrano molto meno della loro età anagrafica. Nicola casual e privo della grisaglia d’ordinanza azzurra e Vito che da quando fa il politico navigato veste raffinata sartoria napoletana.
Una bella coppia di antagonisti per la costruenda società dello spettacolo lucana del XXI secolo. Nel bipolarismo infranto con modalità diverse dalla confinante Puglia si aggiunge anche il musulmano convertito espressione della nuova Santa Fede con un teatrino della politica che rende più divertente la solita partita già scritta in partenza.
Pagliuca che ha già fatto lo sparring partner contro Filippo Bubbico sogna il colpo gobbo a De Filippo. La politica è l’arte del possibile e anche in Basilicata il muro del potere prima poi dovrà sgretolarsi. “Fussi ca fusse la volta bona” diceva il barista Manfredi con dialetto ciociaro in un’antica Canzonissima. Nicola a Melfi in quegli anni vedeva Carosello come Vito a Sant’Arcangelo. L’adolescenza di Pagliuca narra di carretti con cuscinetti a sfera, pascoliani aquiloni, sacrifici per studiare e aiuti nei campi al padre contadino. Vito era invece il figlio della guardia municipale di Sant’Arcangelo impegnato nella granitica Dc che tra riunioni e comizi ammaliò il futuro presidente della Basilicata. Una formazione familiare utile a forgiare un postdemocristiano del XXI secolo. Vito al suo esordio vinse la sfida impossibile nel collegio provinciale di Sant’Arcangelo. Da giovane talento nell’uninominale sbaragliò la tradizione socialdemocratica del luogo ridando fiato a mamma Dc e facendo nascere uno di quei campioni della politica cui la fortuna di Machiavelli non ha mai nascosto la sua faccia bendata.
I suoi nemici interni lo chiamano Kim II Sung come il dittatore nord coreano imputandogli un esercizio del potere assoluto, ma lui ha retto ad ogni attacco. Ha resistito a diverse ondate giudiziarie orchestrate dal pm biondo che faceva impazzire il mondo e arginato con lo staff di tutti gli uomini del presidente spesso in lotta tra loro ma pronti sempre a mettere il petto davanti al successo del loro capo.
Pagliuca da oppositore, anche per appartenenza ideologica non ha mai cavalcato la tigre giustizialista, oppositore fiero ma antagonista leale nel confronto istituzionale dovrà inevitabilmente premere sulla protesta contro Vito e sulla lucanità per smarcarsi da Magdi terzo incomodo. Nei ricordi di Nicola un maestro elementare che appuntava sul grembiule la targhetta del più bravo per un politico che ambisce anche oggi a essere il primo della classe.
Vito era gioviale da giovane liceale a Sant’Arcangelo. Da quei tempi gli è rimasta la passione di cantante e di ballerino che nelle ore liete ancora attua dispensando umanità da convivio. Ma Vito è anche cinefilo, poeta, intellettuale. Studia filosofia a Napoli e fa di Spinoza il pensiero di riferimento dimostrandosi governatore a la page quando è invitato da professoresse e circoli culturali. Giornalista televisivo e da carta stampata da giovanotto. Come molti suoi colleghi politici con lo stesso percorso non è mai pago del lavoro del suo ufficio stampa. Come la brava casalinga che non è mai contenta dei servizi della sua domestica.
Pagliuca invece laureato in Scienze economiche, rifiuterà, a differenza dei sessantottini di Venditti, di entrare in banca diventando un libero professionista. Come comunicatore Pagliuca ha un blog e adopera Facebook.
Mondi invece estranei al presidente della Basilicata che sul web è rappresentato solo da alcuni suoi giovani fans.
Nicola fu investito dalla parabola di Silvio d’Arcore da subito e da allora non ha mai abbandonato quel verbo. Solo l’Inter di Mourinho lo divide dal presidente dei presidenti. Pagliuca che ha un figlia che si chiama Silvia nata nello stesso giorno che festeggia il compleanno Berlusconi non poteva che essere il candidato della sfida impossibile lucana.
De Filippo ha come politico di riferimento uno sgobbone apprezzato come Enrico Letta. Insieme ancora sognano di essere il nuovo che avanza di un Pd che in Basilicata, nonostante tutto, sprizza salute elettorale da tutti i pori. Vito e Nicola due piacioni della politica. Alle prese con Magdi Cristiano. Il centrista senza forni che dovrà moltiplicare pane, pesci e voti in un’ipotetica grande Lucania. Vito che forse ha nel sangue i geni saraceni che passarono dalle sue parti e Nicola il melfitano difficilmente gli permetteranno di far miracoli. La grande sfida è già cominciata.
p.leporace@luedi.it

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