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«Dopo l’arresto di Domenico Bellocco, avvenuto l’altro giorno a Roma, nella Piana di Gioia Tauro c’è fibrillazione. Movimenti, in realtà, c’erano fin dall’omicidio di Rocco Molè, avvenuto due anni fa, con la cosca Bellocco che è stata già più volte oggetto di processi e di indagini. Domenico Bellocco era latitante da alcuni mesi, mi pare che sia un segnale importante come quello per la cattura di grandi latitanti».
Sono queste le parole del procuratore capo di Reggio Calabria Giuseppe Pignatone in un’intervista rilasciata al Tg3 Calabria, nel corso della quale il magistrato ha sottolineato che l’arresto del latitante «è frutto di un’attenta e intelligente attività investigativa della squadra Mobile che lo ha rintracciato a Roma».
Il ruolo ricoperto da Domenico Bellocco, secondo Pignatone, «è molto significativo in questo momento, vedremo cosa succederà dopo il suo arresto». Rispetto alla scelta della Capitale come città in cui nascondersi, il procuratore capo ha aggiunto: «Credo che scelta sia stata frutto della pressione investigativa, con la necessità di sottrarsi alle ricerche della polizia di Stato, in particolare, e per la difficoltà momentanea su Rosarno dovuta alle note vicende che hanno aggiunto pressione investigativa a pressione investigativa. Non credo che ci siano state altre ragioni.
Per altro verso è normale, ormai sperimentata, la capacità delle cosche calabresi di costruire stabili insediamenti nelle grandi città del centro e nord Italia. Non dimentichiamo che l’indagine dei Bellocco nasce da un coordinamento tra la Dda di Reggio Calabria e quella di Bologna. Abbiamo ora la variante ulteriore di Roma, ma la realtà è sempre la stessa – ha concluso Pignatone – la capacità delle cosche di diramarsi su tutto il territorio nazionale».

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