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di FABIO AMENDOLARA
POTENZA – Quel giorno l’appuntamento era al Club house. C’era Rocco Lepore insieme «pare», così scrivono gli investigatori, a Gigi Scaglione e ad Antonio Potenza. E c’erano Antonio Cossidente, il boss della Calcio connection, Numida Leonardo Stolfi, un patito della caccia che non può possedere il porto d’armi e che è indagato per omicidio di stampo mafioso, Gino Cosentino, inteso Faccia d’angelo, fondatore dei basilischi, e la sua compagna Paola Rosa.
«Convegno elettorale», lo chiamano gli investigatori della procura antimafia che stanno indagando sulle elezioni comunali del 2004. «Lo aveva organizzato il partito», si è difeso Lepore con i magistrati.
L’ipotesi è di «voto di scambio» aggravato dal metodo mafioso. Perché, secondo gli investigatori, Rocco Lepore, «candidato dell’Udeur, in occasione delle elezioni amministrative della primavera del 2004, otteneva il voto e il consenso elettorale dei basilischi». Cosentino, che ormai era un boss decaduto, si era accontentato – stando alla ricostruzione della procura antimafia – di poche centinaia di euro e un posto di lavoro all’Iperfutura per la sua compagna. Stolfi si sarebbe avvantaggiato delle sue prestazioni professionali. E Cossidente, il boss che ha messo nei guai anche Scaglione per l’affare della costruzione del nuovo stadio a Potenza, avrebbe incassato per i suoi affiliati «finanziamenti fraudolenti».
Chi conosce Rocco Lepore, consulente del lavoro, ex assessore al Bilancio del Comune di Potenza, oggi con il Pdl, lo descrive come «un gran lavoratore».
Uno che viene da una famiglia umile e che si è fatto da solo.
Ma perché il clan avrebbe deciso di sostenere Rocco Lepore?
Al pm antimafia Francesco Basentini lo svela la compagna di Cosentino, Paola Rosa.
Dice: «Partecipai a un appuntamento elettorale che si è svolto al Club house di Potenza, dove io e Gino siamo andati. Lì abbiamo trovato anche Stolfi e Cossidente. In quella circostanza, oltre a Lepore, ricordo che teneva il comizio anche un altro politico che era con lui, di cui al momento non ricordo il nome». E arriva al dunque: «Nel corso di questi incontri l’indicazione che usciva da Gino, da Stolfi e da Cossidente era che bisognava appoggiare Lepore».
Agli atti c’è poi un’intercettazione ambientale nell’auto di Cossidente. Il boss chiama un certo Antonio e gli dice: «Don antonio, se vi fa piacere…». Antonio: «Ah, Rocchino… E, da mo’… da mo’ che… Va bene». Cossidente: «Aspetta che ti do due schede… se ti fa piacere aiutarmi il parente che…». Antonio: «Ma io per Rocco sono stato sempre un amico». Cossidente: «Lo so. Lui me l’ha detto con discrezione, se qualche amico di Tonino, qualcuno senza… se hanno piacere…». Antonio: «Se hanno piacere… è ovvio…». Cossidente: «…Rocco si mette a disposizione… per qualunque cosa, lo sai». Antonio: «Per il parente che si candida…». Cossidente: «Ti ringrazio». Secondo la procura antimafia quel «Rocchino» è Rocco Lepore.
Poi Cossidente parla con Franco Rufrano. Anche lui è indagato. Prima parlano del «Vaticano», che è una persona che gli investigatori non sono riusciti a identificare. Poi di Rocco.
Rufrano: «Allora parlo con Rocco e al massimo domani… ora tango appuntamento stasera alle sei e mezza». Cossidente: «Ah… per il fatto delle votazioni?». Rufrano: «Eh… perché?». Cossidente: «… i bigliettini». Rufrano: «Gli ho detto… senti ma come procede? eh, come procede, procede che tutto a posto… però… e ha detto… ma io non sapevo… gli ho detto… va bene tu non lo sapevi perché forse a lui non l’hai visto. Però ora te lo dico io. Ho detto… vedi un po’ tu per domani… ho detto perché quello li vuole i bigliettini, che deve partire…».
Sono le elezioni del 2004. Lepore è candidato, ma non viene eletto. Lo chiamano a fare l’assessore in quota Udeur nella prima giunta di Vito Santarsiero.
Poi gli investigatori scoprono che Stolfi usava un’utenza telefonica intestata proprio a Rocco Lepore.
Cossidente e Stolfi parlano delle lezioni. Cossidente: «Speriamo che, come si chiam… Leporuccio là… Leporuccio…». Stolfi: «Senti, ma hai visto qualcosa tu?». Cossidente: «No, no, no… ancora… e non sai ancora niete?». Stolfi: «No… comunque poi parliamo io e te a voce…».
Ecco, invece, le valutazioni del magistrato: «Il contenuto delle conversazioni offre un indiscutibile elemento di riscontro a quanto dichiarato da Cosentino e confermano senza ombra di dubbio che Lepore gareggiò con l’appoggio del clan».
Per il pm è «corruzione elettorale».
f.amendolara@luedi.it

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