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di Paride Leporace

POTENZA – La sua campagna elettorale lo comunica in modo chiaro e diretto. Vincenzo Folino ha un brutto carattere. Spesso è aspro come le rocce delle montagne dove è cresciuto a Pietrapertosa da una famiglia di contadini. E’ stato un protagonista della passata consiliatura. Le sue clamorose dimissioni da assessore hanno rappresentato uno dei maggiori punti critici della vita regionale. Alla vigilia della presentazione delle liste ci è sembrato opportuno realizzare un’intervista con chi rientra nella compagine governativa per riproporre una visione critica dello stato delle cose lucane pensando al governo. Con le armi della critica lo abbiamo assediato e Folino non si è assolutamente sottratto alle risposte.
Folino, lei ha rappresentato il punto massimo della critica dall’interno verso il governo di centrosinistra. Ha persino lasciato la giunta per sollevare questioni morali. La sua mi sembra che sarà una campagna elettorale complessa. Dovrà chiedere fiducia al governo regionale e al suo operato?
«La storia non finisce, va avanti, continua. E le persone, anche quelle che, come me, dicono sempre quello che pensano, a volte anche troppo sinceramente, valutano gli approdi a cui sono giunte, fanno un bilancio della propria attività. E poi scelgono come continuare le proprie battaglie. Io ho denunciato i limiti dell’azione di governo della coalizione di cui faccio parte, e mi sono assunto la mia parte di responsabilità. Ma non ho mai sottovalutato le difficoltà di contesto in cui quella azione di governo si è svolta in questi anni, ne i risultati pur significativi che sono stati raggiunti. I miei interventi sono lì, agli atti. E ripensando all’esperienza fatta in questi anni sono combattuto fra due sentimenti contrastanti: da un lato l’orgoglio di aver promosso provvedimenti giusti come quelli sul rilancio della competitività delle imprese, sulla reindustrializzazione e sulla riforma del settore turistico; dall’altro la difficoltà quotidiana a tradurre questi provvedimenti in atti concreti, nella difesa dei posti di lavoro in questo periodo così difficile per il sistema produttivo lucano. Non ho difficoltà, quindi, a chiedere la fiducia dei cittadini per le cose che ho fatto, e soprattutto non ho rinunciato a fare le cose in cui credo, a cercare di compiere scelte utili alla Basilicata ed al suo sviluppo, di promuovere un rapporto diverso fra istituzioni e cittadini, di evitare che la politica sia solo uno strumento per il controllo del consenso. Tutto ciò non mi sembra in contrasto con l’esigenza di rinnovare lo stesso centrosinistra, che comunque rimane in Basilicata la coalizione più credibile».
La competizione all’interno della lista del Pd è molto forte. A lei elettoralmente si chiedono traguardi da primato. Che campagna elettorale farà? Cerca voti di opinione e di filiera?
«Non ci sono traguardi personali da raggiungere ma una battaglia politica ed elettorale insieme a tanti amici che sono con me nella lista del Pd. Io ho scritto una lettera ai cittadini per spiegare le mie ragioni. Parlerò con chi vorrà ascoltarmi, girerò per i Comuni della provincia di Potenza, incontrerò le persone. Spiegherò cosa voglio fare. Anzi, lo sto già facendo».
Radio gossip le assegna il ruolo di presidente del Consiglio regionale? Le piace l’abito istituzionale alla Fini?
«Lo so, ma io sinceramente per ora aspiro alla carica di consigliere regionale, per la quale chiedo il voto ai cittadini. E, come si dice in gergo, “ci metto la faccia”. Cioè invito gli elettori a giudicare cosa ho fatto ed a valutare le mie idee e la mia credibilità. Il resto si vedrà».
Navazio alla fine non è entrato nella sua rete di cooptazione e si candida con Magdi Allam? E’ una sconfitta per la sua strategia?
«Navazio è una persona che stimo, indipendentemente dalle sue scelte politiche che non condivido. Lo proposi come commissario dell’Asi perché era il sindaco di un Comune importante per le attività del Consorzio e perché è un competente amministratore. Era cioè la persona giusta per quel delicato incarico istituzionale e così è stato. Tutto qui».
Mi aspettavo che lei commentasse le inchieste giudiziarie che hanno turbato non poco la Basilicata. Un silenzio da realpolitik o una consegna da dirigente che viene dal rigore del Pci?
«Ripeto ciò che ho scritto due mesi fa proprio sulle colonne del suo giornale. La Basilicata e la sua classe dirigente, pur avendo fatto molti errori (e le mie opinioni a riguardo sono note), si è trovata forse anche per circostanze occasionali al centro di un pericolosissimo incrocio. Dopo i fatti di Scanzano, ma forse anche a causa della credibilità acquisita a livello nazionale con i grandi negoziati sull’uso delle risorse naturali, la nostra regione si è trovata sovraesposta ed al centro di attenzioni ed azioni con diverse finalità da parte dei servizi, di pezzi dello Stato e della magistratura che hanno trovato nel momento mediatico una grande esaltazione per lo scontro politico. Sono così scattati i “fronti di fuoco” da destra e da sinistra. In questo contesto è nata, si è sviluppata ed ha provocato gravi danni alla Basilicata l’inchiesta denominata “Toghe Lucane”, i cui esiti sono sotto gli occhi di tutti. Questa è la mia analisi, che potrà essere approfondita più avanti, nei tempi giusti. Temo tuttavia che l’azione della magistratura possa aver indotto un effetto “vaccinazione” su pezzi dell’amministrazione e della politica, che rende certamente più difficile la necessaria azione in difesa delle regole, della legalità, della stessa etica della politica».
Mi dica cosa pensa di De Filippo senza usare il politichese
«Con Vito De Filippo ho avuto in passato dei contrasti che non ho mai nascosto. Ma forse proprio per questo il nostro rapporto è stato sempre basato sulla lealtà e sulla chiarezza. Così come leale è stata la mia collaborazione quando ho fatto parte del governo regionale. Con le mie dimissioni dalla Giunta io non ho inteso porre un problema personale nei suoi confronti, ma un problema politico, ben più grande (mi permetto di aggiungere oggi) di me e di De Filippo. Un problema che riguarda il profilo riformatore delle classi dirigenti, la volontà di rinnovamento del centrosinistra, la capacità di indicare, in un periodo fra i più difficili che abbia mai vissuto la nostra economia, una strada nuova. Io mi sono assunto le mie responsabilità, denunciando i limiti di una politica che non sempre riesce a dare il meglio di se. Sono uscito dalla Giunta e sono rimasto al mio posto come “soldato semplice”. Infine, a conclusione della fase congressuale del Pd, nella quale con la elezione di Speranza rimane aperto il processo di rinnovamento avviato con Lacorazza, riemerge la candidatura a presidente di Vito De Filippo. Ed io, proprio perché non era e non è un contrasto personale, ho condiviso questa buona mediazione. A Vito De Filippo riconosco da sempre una grande intelligenza ed una buona cultura politica. Vorrei che queste sue indubbie qualità e capacità si tramutassero in una più efficace azione di governo. Per quanto mi riguarda non rinuncio alle mie idee, ed alle mie proposte per una Basilicata migliore.»
E con Luongo si è riappacificato?
«Antonio Luongo lo conosco da molti anni, insieme abbiamo condiviso molti momenti esaltanti e difficili della politica regionale. E non c’è nessuna riappacificazione da fare. Più semplicemente a Luongo, e non solo a lui, chiedo di guardare oltre il recinto delle convenienze in cui tante volte sembra vivere la classe dirigente. Di rischiare, aprendosi al nuovo, ai territori, al rinnovamento vero ed al ricambio delle classi dirigenti. Da lui mi aspetto questo coraggio, oggi più di quindici anni fa quando insieme demmo vita e forza al progetto del centrosinistra lucano».
Che Basilicata immagina per il prossimo quinquennio
«L’intervista dovrebbe iniziare da qui, ma capisco l’esigenza dei media. Il prossimo quinquennio non sarà affatto facile, è meglio dirlo subito. Alla favola di Berlusconi e Tremonti non crede più nessuno, gli effetti della crisi si faranno ancora sentire. E la sfida per la Basilicata è quella di fare leva sulla sua consolidata coesione sociale, sulla forza dei territori, per contrastare la crisi scegliendo l’innovazione, i giovani. Studiando nuove strategie per difendere i posti di lavoro e crearne altri, puntando su uno sviluppo imponente del settore turistico (mare, Matera, parchi a tema e grandi attrattori, enogastronomia), che può trainare l’agroalimentare e l’agricoltura lucana di qualità, sul rafforzamento del tessuto produttivo industriale ed artigianale, per accompagnare i processi di reindustrializzazione e riconversione produttiva e ridare competitività al “Sistema Basilicata” mettendo a disposizione delle imprese adeguati strumenti per l’accesso al credito quali il fondo di garanzia, procedure burocratiche semplificate ed una piattaforma per l’innovazione tecnologica come ad esempio “Basilicata Innovazione”, che può altresì contribuire al rafforzamento del sistema della ricerca e dell’università, della scuola e della formazione. Immagino una Basilicata nella quale la produzione di energia da fonti rinnovabili non sia solo un business per grandi gruppi finanziari o industriali, ma sia anche un’occasione di crescita per le nostre imprese e per i nostri impiantisti e rappresenti un’opportunità di protagonismo nella produzione di eolico, fotovoltaico e biogas per le nostre aziende agricole e le nostre imprese artigiane, con la Regione Basilicata che garantisce un processo di democrazia economica attraverso una concertazione con Enel e gli investitori privati per mettere le reti di raccolta e le cabine elettriche a disposizione di tutti i territori. Occorre riaprire il confronto con il governo sul tema dell’uso e del governo dell’importante patrimonio rappresentato in Basilicata dalle risorse idriche e petrolifere, il cui carattere strategico deve essere evidenziato sia per preservare la Basilicata dalla presenza di impianti nucleari che per la risoluzione di alcuni nodi infrastrutturali assolutamente indispensabili per percorso di sviluppo di questa regione».

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