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«A Rosarno ho vissuto bene, ma dopo quanto è successo a gennaio ho paura di tornarci». Moussa Boussim, 31 anni, è uno degli immigrati africani feriti a Rosarno durante le aggressioni da parte di gruppi di abitanti del paese seguite alla rivolta degli extracomunitari. Fu aggredito da due persone che lo sorpresero mentre rientrava da solo nel centro di accoglienza dell’ex Opera Sila e lo tempestarono di pugni e calci, fino a lasciarlo esanime. Moussà, per quell’aggressione, subì gravi lesioni interne. I medici dell’ospedale di Polistena, dove è stato ricoverato per buona parte dei due mesi trascorsi da allora, sono riusciti a salvargli il rene gravemente compromesso dalle percosse. Adesso si è ripreso, ma sul suo viso si notano ancora i segni della sofferenza fisica che ha subito. Non solo: Moussa ha ancora paura e lo si percepisce chiaramente da come si guarda intorno nella sala dell’auditorium comunale in cui si svolge la manifestazione della Cgil, in occasione dello sciopero nazionale di quattro ore, sui temi dell’accoglienza e dell’integrazione. «Abbiamo dovuto insistere per farlo venire a Rosarno perchè qui non ci voleva tornare. Ha paura di reincontrare le persone che lo hanno aggredito», dice Claudia Carlino, segretaria della Filcams-Cgil di Gioia Tauro, che segue Moussa come un angelo custode. L’immigrato cerca la protezione della Carlino e non risponde volentieri alle domande. La sua preoccupazione maggiore è di controllare chi lo avvicina. Non ha molta voglia di parlare, ma poi si scioglie. «Io a Rosarno – dice – ci sono stato bene. In passato ci ero venuto altre volte e non avevo mai avuto problemi». Quello che ci tiene a dire è che lui con la rivolta del 7 gennaio, cui seguì la reazione dei rosarnesi, non c’è mai entrato nulla. «Io la sera della rivolta – dice – ero rimasto al centro di ricovero e non ho partecipato agli incidenti. La mia ingenuità è stata quella di farmi sorprendere il giorno dopo mentre rientravo da solo in alloggio. Mi hanno circondato all’improvviso. Erano almeno in tre e mi hanno tempestato di pguni e calci fino a quando, per il dolore, non ho perso i sensi. Non so chi fossero. Quello che ricordo perfettamente è il male, non soltanto fisico, che ho subito. È un momento che non dimenticherò mai». Moussa, adesso, vive a Polistena. È rimasto lì perchè quando è uscito dall’ospedale non se l’è sentita di rientrare a Rosarno. «A Polistena, però – dice – non ho lavoro perchè non c’è bisogno di gente per la raccolta nei campi agricoli. Per tornare a guadagnare qualcosa dovrei tornare a Rosarno, ma, sinceramente, ho troppa paura per farlo. Dalla Calabria, comunque, non voglio andare via perchè qui, malgrado quello che è accaduto, mi trovo bene. Nei confronti dei rosarnesi non provo alcun risentimento, ma temo di subire nuove aggressioni».

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