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E’ stata condotta sabato scorso dai reparti della guardia di finanza del comando provinciale di Cosenza una vasta operazione contro il lavoro nero che ha interessato tutto il territorio della provincia.
Durante l’operazione la Gdf, con l’impiego di 25 pattuglie, ha controllato 34 esercizi commerciali, arrivando a identificare ben 116 persone, di cui circa 70 risulate impiegate in “in nero” o con posizioni lavorative irregolari.
Gli interventi si sono concentrati su quelle attività commerciali collocate nelle zone ritenute “a maggior rischio”, e tutte operanti nel settore della ristorazione. Un settore, questo, particolarmente esposto a forme di impiego di lavoro nero.
Questo perché il lavoro sommerso è un fenomeno che riguarda imprese che, pur rientrando nell’economia “ufficiale”, non si sottraggono all’idea di ricorrere a prestazioni lavorative rese al di fuori del prescritto perimetro normativo, in quanto maggiormente remunerative.
“Si tratta di una forma di illegalità chiaramente assai dannosa perché capace di incidere negativamente su più fronti”, si legge nel comunicato diramato dalle fiamme gialle. “Infatti, il mancato adempimento degli oneri contributivi e fiscali, oltre che causare pesanti ricadute sul gettito erariale, consente alle aziende sleali di abbattere in maniera significativa i costi di gestione e, quindi, di offrire prodotti e servizi a prezzi particolarmente concorrenziali”.
Senza dimenticare che il lavoro irregolare, inoltre, risulta di frequente correlato ad altre forme criminali di più ampio spessore, tra cui, più in particolare, l’immigrazione clandestina, uno dei canali di alimentazione del lavoro in nero, e le connesse forme di violenza e sfruttamento della manodopera.
A tutto questo vanno aggiunte le implicazioni che il fenomeno del somerso ha rispetto alle condizioni d’impiego dei lavoratori, spesso costretti ad operare in contesti privi dei necessari requisiti di sicurezza e salubrità.

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