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di FABIO AMENDOLARA

POTENZA – Il peso dei cocci di alcune tegole che coprivano il corpo le ha rotto qualche costola. Altre tegole erano state disposte attorno alla testa «a mo’ di corona», conferma un investigatore che è entrato nel sottotetto della chiesa della Trinità. Alcune tegole erano in piedi. Altre poggiate a terra. Una cosa è certa: alcuni segni lasciano pensare che sono state spostate. Anche più di una volta.
Qualcuno è entrato nel sottotetto successivamente. Come se fosse andato lì a controllare il cadavere. Chi? E perché?
«E’ presto per costruire un’ipotesi», dicono i consulenti tecnici. Come se si fossero messi d’accordo su cosa dire ai cronisti. Francesco Introna dell’Istituto di medicina legale dell’Università di Bari, consulente tecnico della procura di Salerno, Rocco Maglietta, anatomopatologo di Potenza, consulente di parte dell’indagato Danilo Restivo, e Gigi Mastrangelo, medico legale di Eboli, incaricato dalla famiglia Claps, hanno effettuato ieri l’autopsia sui resti di Elisa.
C’era anche il sostituto procuratore antimafia Rosa Volpe ieri a Bari.
Lei, forse, un’idea comincia a farsela. Perché, oltre alle analisi sul cadavere, lei ha in testa anche le parole dei testimoni, il contenuto delle telefonate intercettate, le migliaia di pagine delle informative scritte dalla polizia giudiziaria.
Ora, oltre a sapere che Restivo è stata una delle ultime, forse l’ultima persona a incontrare Elisa. Che Restivo voleva fare un regalo a Elisa per la promozione dopo gli esami di riparazione. Che Restivo ha incontrato Elisa nella chiesa della Trinità prima delle 11.30. Che in precedenza si era chiuso in una stanza, al piano di sopra della chiesa, con altre ragazze. Che aveva quello strano vizio di tagliare i capelli.
Ora il pm Rosa Volpe sa anche che Elisa è stata trascinata. Lo dimostrerebbero evidenti segni lasciati su ciò che resta del pantalone blu. Quel pantalone blu. Lo stesso pantalone blu che indossava il giorno della scomparsa. Segno che Elisa è morta lo stesso giorno: il 12 settembre del 1993.
Ma quei segni sul pantalone dicono anche che non è morta lì, nel sottotetto. E che Elisa è stata trascinata in quell’angolo della chiesa lo dimostra anche la posizione in cui è stata ritrovata: «Innaturale», dicono gli investigatori.
Braccio destro alzato e girato sul dorso. Braccio sinistro a protezione del corpo, «come se avesse cercato di abbracciarsi», dicono.
Ieri mattina, invece, Elisa era distesa, con le braccia accostate al corpo.
I consulenti tecnici hanno eseguito prima l’esame esterno. Hanno osservato gli indumenti, la presenza di lacerazioni dei tessuti o di imbrattamenti. E’ emerso che il pantalone era sbottonato. Segno evidente che un tentativo di violenza c’è stato. Per capirne di più i medici hanno prelevato pezzi di cute mummificata dall’area inguinale.
Poi hanno spogliato il cadavere. La maglia bianca di lana intrecciata ai ferri da mamma Filomena, i pantaloni e la biancheria intima sono stati osservati con attenzione e studiati singolarmente. Anche dagli indumenti i consulenti potrebbero ricavare informazioni utili.
Dall’esame esterno della salma, invece, hanno raccolto i dati utili all’identificazione: «E’ una donna d’età inferiore ai 20 anni».
E infine hanno rilevano i fenomeni cadaverici. Soprattutto quelli che in gergo medico chiamano «trasformativi». Quelli cioè che determinano profonde trasformazioni dell’aspetto e della struttura del cadavere.
Le chiamano «trasformazioni speciali». Riguardano processi legati a condizioni ambientali «particolari», come quelle del sottotetto della Trinità, le quali provocano una decomposizione anomala del cadavere, che si è in parte scarificato, in parte mummificato.
Una cosa, ora, appare certa. Elisa è stata uccisa in chiesa. Forse sul terrazzo. Forse dopo una colluttazione. Poi è stata portata nel sottotetto. Trascinata per qualche metro. E riposta in un angolo. Il corpo è stato ben coperto da tegole, cocci di tegole e calcinacci. Ed è rimasto lì per 17 anni. Vegliato, forse, di tanto in tanto da qualcuno.

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