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di FABIO AMENDOLARA

POTENZA – I fili della corrente elettrica erano stati tagliati. A terra, in un angolo, c’erano delle buste di plastica che non presentavano tracce di polvere. Le tegole che coprivano il corpo erano state spostate. Quella che gli investigatori chiamano «la scena del crimine» è stata alterata. Qualcuno è entrato in quel sottotetto a più riprese. Perché? E, se la scena è stata alterata, da chi? Dall’uomo che ha commesso il delitto? Oppure da chi ha ritrovato il corpo? Ci sono alcuni investigatori che stanno lavorando su questi aspetti. Altri non perdono di vista l’obiettivo della soluzione del giallo. Altri ancora, e questo è l’aspetto dell’indagine più difficile, lavorano sui depistaggi.
Perché c’è chi pensa, a 17 anni da quel 12 settembre, che ci sia una regia dietro l’occultamento del cadavere di Elisa Claps e anche, forse, dietro il ritrovamento. Un giallo nel giallo.
Alimentato pure da quella telefonata di gennaio, ricevuta dal vescovo di Potenza, monsignor Agostino Superbo, sul suo telefono cellulare. Nel corso di quella telefonata, hanno ricostruito gli investigatori, don Vagno, il giovane viceparroco brasiliano della chiesa della Trinità, avrebbe avvertito il vescovo della sua scoperta, dicendogli di aver trovato un teschio.
Sembra che il vescovo non abbia capito in quel momento ciò che il viceparroco gli cercava di comunicare. Ma il vescovo ha un altra versione. Sostiene di aver saputo di quei resti solo una settimana fa. Lo ripete a tutti. A chi lo chiama a telefono. Alle radio. Alle televisioni.
Fu allora don Vagno a trovare il corpo di Elisa nel sottotetto?
Il viceparroco, secondo fonti investigative, fu avvertito dalle donne delle pulizie che, però, ora negano questa la circostanza.
Nel suo racconto ci sarebbero delle incongruenze. Lui ha preferito chiudersi in convento e non chiarire con i cronisti ciò che appare strano e alimenta le congetture.
Il caso è scoppiato quando i muratori chiamati per tamponare un’infiltrazione d’acqua che proveniva dal tetto hanno trovato ufficialmente la salma. L’arcivescovo denunciò allora la circostanza alla polizia. Ma durante il sopralluogo per i lavori era presente. Lo ricordano in tanti. E ora si chiedono come mai il vicepresidente della Cei s’interessasse anche delle piccole ristrutturazioni. Potrebbe essere un caso. O un eccesso di zelo. Le cose, comunque, ancora non tornano. Don Vagno, nel corso del suo interrogatorio, ha cercato di giustificare il ritardo con cui è stato resto noto il ritrovamento del corpo.
Strano. Come è strana tutta questa storia. Nessuno vuole la paternità della scoperta. Tutti si aspettavano una corsa a dire «ho trovato io Elisa». E invece: la donna delle pulizie nega. Dice: «Quella mattina c’ero, ma mi sono fermata sul terrazzo». Nel sottotetto sarebbe entrato solo don Vagno. Lui dice l’esatto contrario. Racconta agli investigatori che furono le donne delle pulizie a scoprire il corpo. I magistrati della procura di Salerno hanno anche disposto un confronto all’americana tra una delle due donne e il sacerdote. L’esito è stato negativo. Hanno continuato entrambi a sostenere la stessa versione.
Gli investigatori non hanno dato grande peso alla vicenda. E Vagno, si apprende da indiscrezioni, non è indagato. «E poi – conferma un investigatore – ha dato l’impressione di non conoscere nulla del caso Claps». Poteva non aver collegato il ritrovamento di quei resti alla scomparsa di Elisa?
C’è anche questa tra le tante circostanze strane che rendono sinistro il caso.
E non è ancora escluso che don Mimì Sabia, il parroco di 84 anni morto nel 2008, abbia portato con sé qualche segreto. Impossibile ipotizzare un suo coinvolgimento nel fatto di sangue. Allo stesso tempo è difficile credere che non fosse mai entrato nel sottotetto della sua chiesa.
Il caso, a una settimana dal ritrovamento, resta aperto.

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