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di FABIO AMENDOLARA

POTENZA – Quel foglio bianco piegato in quattro che hanno entrambe tra le mani è l’invito a comparire come «persone informate sui fatti». Parcheggiano la loro utilitaria su viale Marconi. Le accompagna un uomo sulla sessantina. Si fermano per pochi secondi davanti al pesante cancello di ferro della Questura. Poi si fanno coraggio ed entrano. E’ la terza volta che varcano la porta del corpo di guardia da quando nel sottotetto della chiesa della Trinità sono stati trovati i resti di Elisa Claps.
Annalisa Lo Vito e sua madre Maria Rita Santarsiero, le signore delle pulizie accusate dal viceparroco brasiliano don Vagno Oliveira E Silva, 33 anni, di aver scoperto i resti di Elisa, hanno passato l’ennesimo pomeriggio a cercare di spiegare cosa è accaduto tra metà gennaio e il 17 marzo.
Perché il quadro del ritrovamento non è ancora chiaro. Qualcuno ha fatto sparire gran parte del materiale che copriva il corpo di Elisa Claps. Chi? E perché è stato organizzato il ritrovamento ufficiale?
Non l’ha spiegato il vescovo, monsignor Agostino Superbo. Non l’ha spiegato don Ambrogio, amministratore della chiesa della Trinità. Non l’ha spiegato don Vagno. E neanche le due donne delle pulizie.
Sono state anche sottoposte a un confronto con il sacerdote brasiliano.
«In quel sottotetto ci saranno delle tracce. E se ci sono delle tracce nostre siamo pronte a pagare. Chi vince vince chi perde perde», disse Annalisa Lo Vito a don Vagno.
Alla polizia, in un primo momento, avrebbero detto di aver trovato loro i resti di Elisa. Poi, quando si sono accorte che c’erano tanti aspetti da chiarire, avrebbero cambiato versione.
Ecco cosa hanno raccontato successivamente: «Non solo non abbiamo mai visto il corpo ma non siamo nemmeno mai state in quel sottotetto».
E’ don Vagno, allora, il bugiardo?
Le due donne si sono difese dicendo che, durante il confronto in Questura, il sacerdote non aveva avuto il coraggio di guardarle negli occhi.
Ma perché mentire? La tesi più accreditata è che ci sarebbe stata una “soffiata” in confessione. O una rivelazione in punto di morte, durante una estrema unzione.
Anche ieri le due donne delle pulizie avrebbero negato di essere state nel sottotetto.
«Non siamo mai state nemmeno al terzo piano». E sul terrazzo ci sarebbero salite solo una volta, con don Ambrogio, non con don Vagno. Con loro c’erano gli operai a caccia delle infiltrazioni.
Anche quelle, si sospetta, create ad arte. Perché qualcuno ha rotto un paio di tegole. Forse con l’ascia arrugginita che l’avvocato della famiglia Claps ha fatto repertare nel corso dell’incidente probatorio. L’infiltrazione d’acqua è cominciata così.
Poi ci sono stati i tre tentativi di ritrovamento. Due dei quali andati male. Il primo è proprio quello delle donne delle pulizie.
Forse don Vagno era rimasto alla prima versione quando è stato sentito dalla polizia.
Ha detto che erano state le donne a trovare il corpo. Che erano andate nel sottotetto e che dopo un po’ erano scese in chiesa e glie lo avevano detto. Sarebbero poi tornate nel sottotetto – è sempre la versione del viceparroco – e avrebbero detto una preghiera. Tutto falso?
Tre mesi più tardi c’è la perdita d’acqua e, per due volte, il vescovo è presente al sopralluogo.
In una nota sibillina chiede «perdono al Signore per quanto non è stato fatto per la famiglia di Elisa e per la ricerca della verità».
Ma il materiale che copriva il corpo di Elisa dove è stato portato? E’ questo che stanno cercando di chiarire gli investigatori.

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