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Di TONINO PERNA
Definitivamente scomparso dall’agenda politica il Mezzogiorno è ormai solo un’espressione geografica, parafrasando la nota espressione pronunciata dal Ministro degli Esteri austriaco Metternich nel 1847: «L’italia non è che una espressione geografica». Non solo non c’è più una “questione meridionale”, ma non c’è più un popolo meridionale che abbia un sentire comune, un progetto di società, di futuro. Si potrebbe dire lo stesso della Padania – la pianura del Nord Italia – ma sappiamo che non è così. La Lega di Bossi è riuscita in venti anni, in una delle aree più ricche e modernizzate d’Europa, a inventarsi una nazione , giocando sulla paura di perdere il benessere acquisito, ma anche costruendo una identità forte, in una fase storica di smarrimento ed angosce. Perché una cosa è certa, e l’ha dimostrato un grande studioso come C. Tilly : sono gli Stati che hanno creato le nazioni, è il potere politico che costruisce le identità nazionali. La questione dell’identità, e quindi di una visione del mondo e di un insieme di valori condivisi , è il primo compito della politica oggi se non vuole essere solo gestione dell’esistente o comitato d’affari. Il rischio che all’identità “padana” si contrapponga una fasulla o solo ritorsiva identità meridionale, è abbastanza alto. Il governatore Lombardo sta andando in questa direzione. Il suo ragionamento è semplice e fa presa su una parte della popolazione meridionale sempre più impoverita: contrastare la Lega Nord chiedendo più risorse per il Sud, a partire dalla Sicilia. Ha cercato prima di seguire questa linea dentro il Pdl, ma è stato inutile. La forza crescente della Lega, che ormai detta l’agenda politica al premier, la stessa spinta a creare nel Partito Democratico il partito del Nord, impone una scelta di campo per i leader politici meridionali. Costruire una Lega Sud lungi dall’essere la risposta giusta fa solo il gioco di Bossi che punta alla secessione come progetto politico di medio periodo. Sarebbe una disgrazia per tutti, a partire dai lavoratori, anche per quelli del Nord che non lo capiscono. Non c’è bisogno di ricordare come è finita la Jugoslavia: tutte le separazioni, le frantumazioni di paesi servono solo a fare emergere il peggio del nazionalismo, riducono gli spazi democratici, anche quando non degenerano in guerra civile. Per opporsi a questa deriva serve un grande progetto di rinascita sul piano nazionale che sia fondato su altri valori, su un nuovo patto Nord-Sud, su una fattiva cooperazione tra tutte le forze sociali ed economiche, capace di costruire un’Altreconomia ed un’Altrasocietà per rispondere alla pesante crisi in corso. Purtroppo, scomparsi i grandi partiti su base nazionale che avevano un progetto-paese è necessario ripartire dalle specificità territoriali mettendo insieme tutti i soggetti che vogliono partecipare fattivamente. Con questo obiettivo la Sem sta lavorando -insieme a reti di Comuni, a grandi associazioni nazionali, a Dipartimenti universitari , eccetera – per costruire un grande evento a Teano dal 24 al 26 ottobre prossimi. L’obiettivo è ambizioso, per questo abbiamo pensato di partire dal basso, attraverso una serie d’incontri in varie parti del nostro paese. Ed a partire dal nostro Mezzogiorno. Proprio da questo Sud impoverito e marginale pensiamo sia arrivato il tempo di pensare in grande, di immaginare un progetto di lungo periodo che affronti i nodi cruciali della crisi che viviamo: economici, morali, ambientali. Il primo appuntamento è per il prossimo 19 pomeriggio ed il 20 mattina all’Università della Calabria dove si terranno i “Cantieri Meridionali”. L’incontro è organizzato da alcuni docenti e studenti universitari con il contributo di diverse associazioni politico-culturali: Sem, Ars, a Sud, Rete @ sinistra, Bella Ciao, Redazione, Potenzattiva, Un’altra storia, Le Radici e le Ali, Controverso, eccetera. Il primo obiettivo ambizioso è quello di rompere il circuito perverso della depressione/rassegnazione rispetto agli equilibri politici del paese. Il secondo è quello di rispondere al bisogno di costruire una vera identità meridionale, recuperando valori tradizionali in via d’estinzione, ma allo stesso tempo scommettendo sui nuovi valori della solidarietà, della lotta alla criminalità organizzata, della pace, del rispetto per l’ambiente, dell’accoglienza dello straniero, della qualità della vita. Il terzo è quello di rispondere alla domanda: cosa può fare il Mezzogiorno per salvare il nostro paese dalla degenerazione morale, sociale ed economica? E quindi mettere insieme, creare sinergie tra tutte le esperienze positive quali le forme dell’Altreconomia – dal commercio equo alla finanza etica, dai gruppi di acquisto solidali alla gestione dei beni confiscati alle mafie – insieme alle esperienze virtuose di Comuni (come ad esempio Riace a Caulonia) che hanno scelto la strada dell’accoglienza per rilanciare aree interne abbandonate, o altri che hanno scelto l’ecosostenibilità per migliorare la qualità della vita e creare nuove opportunità di lavoro. E tante altre cose, perché si tratta di cantieri aperti ai contributi di tutti coloro che non si rassegnano al declino di una società.

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