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di VINCENZO FALCONE*
Non v’è dubbio che il nuovo governo regionale della Calabria eredita un sistema socio-economico e territoriale molto complesso e difficile che pretende delle azioni incisive a “tolleranza zero” se si vuole invertire l’attuale rotta. I risultati dell’ultima tornata elettorale hanno assegnato al nuovo governatore Scopelliti una grandissima responsabilità: ridare credibilità istituzionale ed affidabilità ad una Regione il cui livello e qualità della vita dei propri cittadini sono molto lontani dai parametri che caratterizzano una società civile. Una regione in cui il 75% della sua ricchezza viene prodotto dalla politica pubblica richiede rigore morale e grande capacità prospettica per riuscire, almeno nei prossimi dieci anni, a ridurre i gravissimi problemi con i quali saremo confrontati tutti noi calabresi, quando l’attuazione del federalismo fiscale e la soppressione dei fondi strutturali, saranno, inevitabilmente, una realtà. Prepararsi a questo nuovo corso significa, prioritariamente lotta alla criminalità, all’evasione, agli sprechi, alle frodi sulle risorse pubbliche e, nello stesso tempo, qualificazione, trasparenza, efficacia ed efficienza dell’apparato amministrativo, nonché eliminazione della “cultura” dei campanili. I calabresi sono arrivati ormai al capolinea: secondo l’Istat e l’Eurostat, su un totale di circa 740.000 famiglie (1,9 milioni di abitanti), che compongono la popolazione calabrese, 260.000 famiglie (circa 700.000 persone) sono nell’”area della povertà”, di cui 170.000 famiglie (circa 450.000 persone) in condizioni di povertà estrema e 90.000 famiglie (circa 250.00 persone) a rischio di povertà. Tutti noi sappiamo che i problemi della Calabria non si risolvono con la “carità pelosa” e con gli slogan inneggianti alla pura assistenza ai meno abbienti. Una regione degna di stare in Europa deve creare più ricchezza, deve incrementare la propria produttività e competitività, deve garantire migliori servizi, deve, in pratica, rimboccarsi le maniche ed essere proattiva, senza attendere le risorse dall’alto che ormai cominciano realmente a scarseggiare. Questa responsabilità è assegnata, alla politica pubblica che ha prodotto, se ci riferiamo al 2007, 27 miliardi di euro su un totale di 36, 5 miliardi di euro che hanno caratterizzato l’intero Pil calabrese, laddove nel Centro Nord è il sistema privato a produrre più ricchezza rispetto al pubblico. Questa “delega” al “Pubblico” (inevitabile, purtroppo, per una regione che vive prevalentemente di trasferimenti) nella produzione della maggior parte del reddito regionale, rappresenta uno strumento di potere troppo forte per la politica calabrese abituata, ormai a gestire le risorse a sua disposizione nella logica dell’emergenza ed al di fuori delle regole imposte dal principio di prossimità. Mi auguro che il nuovo esecutivo possa avviare un processo organico e concreto di fertilizzazione del sistema regionale che, oggi, si presenta quasi come un deserto indistinto. Noi calabresi vorremmo sentirci più fieri della nostra appartenenza e non dimenticare la nostra storia. I giovani vorrebbero restare nella loro regione d’origine se essa offrisse loro un minimo di prospettiva. Gli anziani (che cominciano ad essere tanti) vorrebbero vedere crescere una nuova classe dirigente che parli lo stesso linguaggio ed adotti le stesse regole degli altri popoli europei. Noi siamo ancora una regione “fuori” che non può continuare a rimanere scardinata rispetto alle regole comunitarie. Questo significherebbe un totale imbarbarimento del sistema in cui viviamo dove già, purtroppo, la “trinità” politica/affari/criminalità ha creato una tela di ragno a così ampio raggio che solo una concreta partecipazione democratica all’azione di governo regionale potrà garantire una reale inversione di tendenza. Tutti noi sappiamo che la democrazia e la crescita sono impossibili in un sistema in cui la politica vuole operare da sola. Trent’anni di governi regionali instabili e dieci di governatorato “ballerino” (con cambi continui di assessori), purtroppo, non hanno certamente contribuito a rafforzare le nostre speranze di vedere una Calabria migliore, sana, protagonista e competitiva. Ci sono tantissime cosa da fare, ma altrettante soddisfazioni possibili se il nuovo governatore ci darà quei segnali di buon governo che tutti noi ci aspettiamo.

*docente di Politica Economica dell’Unione
Europea Università Magna Grecia di Catanzaro

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