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di LUCIANO CONTE
L’ostensione della Sindone a Torino (10 aprile-23 maggio) è un avvenimento religioso e culturale, che alimenta il mistero di un volto raffigurato sul telo di lino, a testimonianza che la storia dei Vangeli si ripete nel momento in cui, passando davanti all’altare del Duomo, non puoi non ricordare le sofferenze e il martirio di Gesù Cristo. Non conta sapere se la Sindone ha avvolto veramente il corpo di Cristo (la stessa Chiesa parla di “icona” e non di “reliquia”), ma quello che rappresenta per la fede di chi crede e per quello che è scientificamente dimostrato essere impresso che dimostra la tragedia di un uomo crocifisso, le cui sofferenze sono chiaramente evidenziate nel lenzuolo. Provi nella visita una commozione interiore, che solo il divino può trasmettere, con l’aiuto della semplicità dell’anima che sa guardare alla storia della Passione, così come narrata dai Vangeli, impressa sul sacro lino, ricco di una storia particolare da quando è apparso per la prima volta a metà del XIV secolo, a Lirey, in Francia, portato da un notabile del luogo, personaggio di primo piano nel panorama militare e politico del tempo (di ritorno da una Crociata?). Da quel momento iniziarono le dispute se fosse proprio quel telo ad aver avvolto il corpo di Gesù di Nazareth,telo che nel 1453 fu ceduto ai Savoia,che lo custodirono fino al 1983,quando Umberto II lo destinò alla Santa Sede,ma conservato gelosamente a Torino. La Sindone, per questo, è parte integrante del capoluogo piemontese,che la custodisce come qualcosa di proprio,testimonianza di un mistero che è sempre più fitto,al di là delle conclusioni scientifiche,perché ad andare oltre. Salvata miracolosamente a due incendi (Chambery nel 1532 e Torino nel 1997), la Sindone è la raffigurazione dell’umanità sofferente in Cristo e il volto di quell’uomo impresso può prescindere anche dall’autenticità per ricordare che la storia dell’uomo è costellata di spine e nutrita di sangue,per potersi salvare. Non si può non riflettere dinanzi all’immagine dell’uomo sofferente, perché dalla sofferenza nasce il senso della vita, come aiuto alla fede di chi crede e come monito ai non credenti,perché anche la semplice visione invita a meditare sulle cose del mondo. La storia della Sindone è letta come la storia della devozione profonda verso la ricerca di una verità spirituale, che coinvolge l’umanità credente alla scoperta del volto del Figlio, dio e uomo, per credere ai valori universali della vita. Questa è la commozione che provi, quando ti accosti all’altare del Duomo di Torino, mèta di pellegrinaggi da tutto il mondo,non per una mera curiosità, ma per vivere intensamente un rapporto con il mistero di un telo che affascina e che trascende il dato materiale,perché è una “provocazione all’intelligenza per il fascino misterioso esercitato” (Papa Wojtyla) su chi lo guarda.

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