X
<
>

Condividi:
4 minuti per la lettura

di GUIDO LEONE
Non si può non riconoscere che a proposito dell’insegnamento di “Cittadinanza e Costituzione” si tratta di un recupero importante, soprattutto in un sistema scolastico che conta ormai quasi mezzo milione di studenti che non sono nati in Italia, oltre a molti milioni di italiani che potranno trarne giovamento non minore di una conoscenza diretta dei principi costituzionali e della loro concreta applicazione nella società. In questo contesto, per esempio, il voto in condotta diventa quindi la verifica pratica della validità dell’insegnamento impartito, configurando il comportamento degli studenti a scuola come primo e fondamentale banco di prova dell’educazione alla convivenza civile. La crisi che stiamo attraversando ha svegliato tutti dalla dolce illusione che le cose sarebbero sempre andate bene senza bisogno di particolare impegno, senza richiedere fatica a nessuno, senza la costante applicazione di una progettualità ragionevole. Sarebbe ingiusto dire, però, che solo in questo momento si è avviata una inversione di tendenza perché è già da qualche anno che si sta cambiando registro, rivalutando l’importanza del rigore e del merito e facendo marcia indietro rispetto a tante leggerezze introdotte non dalla pedagogia ma da una sua caricatura. Bisogna però essere consapevoli che l’inversione di tendenza è tutt’altro che facile, mentre non possiamo permetterci una transizione lenta e indolore fuori della palude in cui eravamo finiti. E’ giusto naturalmente vedere che oggi finalmente si è deciso che i debiti scolastici vanno recuperati e non trascinati senza soluzione; che ci si preoccupa dei ritardi di apprendimento che le statistiche internazionali segnalano nei nostri ragazzi; che si è deciso di rendere evidente che la “buona educazione” non è un optional, ma una componente essenziale della pedagogia formativa della scuola. Questo ci riguarda come Calabria in maniera particolare sul ruolo che la scuola svolge nei nostri territori pervasi dal fenomeno mafioso e delinquenziale. Leggi e programmi ormai non lasciano dubbi sull’impegno educativo che la scuola deve saper affrontare, con i suoi mezzi e i suoi limiti, ma in una logica di sistema e di condivisione con gli altri enti, per concorrere a formare persone consapevoli, cittadini responsabili, lavoratori competenti e consumatori avveduti. Raggiungendo così l’auspicato successo formativo. Certo bisogna ritrovare il senso ultimo della scuola. Dare un senso alle cose nella scuola vuol dire ricomposizione di una filiera che è fatta anche di valori, di riforme adeguate, di investimenti per scuola e università (che devono comporre un unico sistema) ricerca, politiche giovanili, politiche culturali. Insomma, investimento sulla risorsa umana, sui talenti che ci sono dentro la nostra comunità e che sono capitale umano, capitale sociale. Si tratta di cose che sono l’altra faccia della stessa medaglia e che è giusto ricordare quando parliamo di scuola calabrese. E proprio noi calabresi abbiamo dei doveri in più, e in quanto operatori scolastici noi per primi, dobbiamo immettere anticorpi nelle relazioni che abbiamo dentro e fuori le scuole rispetto a contesti di illegalità, di prevaricazione, di intolleranza, di intimidazione, di violenza, di deresponsabilizzazione. In tal senso occorre puntare sui contenuti fondamentali della scuola, ponendo l’attenzione a ciò che accade ogni giorno dentro le classi, alla didattica, al rapporto formativo, educativo fra i docenti, fra il mondo della scuola e i nostri ragazzi. E infine. E’ necessaria una presa di coscienza diffusa che la nostra scuola è oggi lo specchio di una crisi radicale di valori che rischia di desertificare la nostra società e che le speranze di quest’ultima di non restare asfissiata dal nichilismo sono in buona misura legate alla capacità delle nuove generazioni di ritrovare, nelle nostre grandi tradizioni culturali, quelle che la scuola ogni giorno cerca di trasmettere ai giovani, i semi di prospettive nuove e più costruttive. I fallimenti sperimentati nella quotidianità con i gravi fatti di violenza, di bullismo, di tossicodipendenza rendono consapevoli insegnanti e famiglie dell’impossibilità di farcela da soli, ciascuno per proprio conto, e della necessità di una cooperazione corresponsabile fra tutti i protagonisti del processo di crescita umana e professionale dei giovani. E’ veramente necessaria una nuova alleanza tra le famiglie, adoperando tutte le strategie possibili di comunicazione e di coinvolgimento, e la scuola, per ritrovare faticosamente un orizzonte di significati condivisi in grado di riscattare le vite di questi ragazzi dall’insignificanza. E ciò non accanto, ma attraverso la serietà nel trasmettere le discipline, perché il senso a scuola deve passare dal rigore dei saperi, di cui la società ha altrettanto bisogno che dei valori. Di tutto ciò il Sud ha particolarmente bisogno. Esso vive, all’interno della crisi generale della società italiana, un suo specifico travaglio, che rischia sempre più di allontanarlo dal resto del Paese e dall’Europa. E’ necessaria più che mai, in Calabria, come nelle altre regioni meridionali, a formazione delle nuove generazioni, liberi da logiche clientelari e familistiche e dalle dipendenze di ogni genere. Ma per questo deve fiorire un nuovo senso della cittadinanza e del bene comune, a cui solo la scuola può educare. Così come deve fiorire una nuova cultura dell’iniziativa economica, dell’imprenditorialità, del rischio produttivo, che anch’essa dipende da una radicale trasformazione delle mentalità arcaiche di cui la scuola può essere un motore importante.

Condividi:

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

EDICOLA DIGITALE