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Beni per un valore di 20 milioni di euro sono stati sequestrati dai militari della Guardia di Finanza del comando provinciale di Reggio Calabria, nell’ambito di una vasta operazione, ribattezzata in codice «Matrioska», eseguita in collaborazione con gli uomini dello Scico di Roma. Il patrimonio, sparso in numerosi comuni del reggino e nella capitale, è riconducibile ad esponenti di spicco della ‘ndrangheta di Sinopoli. I provvedimenti, emessi dalla sezione «Misure di prevenzione» del tribunale della città calabrese dello Stretto su richiesta della locale procura distrettuale antimafia, hanno colpito beni mobili e immobili nella disponibilità della famiglia di Carmine Alvaro, 73 anni, detto «carni i cani». Quest’ultimo, considerato il capo carismatico dell’omonimo clan, è da tempo in carcere dove sta scontando diverse condanne per associazione mafiosa, riciclaggio e altri delitti. Il provvedimento dell’autorità giudiziaria ha riguardato anche conti correnti bancari, postali e titoli assicurativi intestati allo stesso boss Carmine Alvaro, nonchè a Domenico Alvaro (73), Felice Antonio Romeo (48), Maurizio Grillone (37) ed ai rispettivi familiari conviventi. L’ingente patrimonio sequestrato è stato individuato grazie a complesse indagini di natura economico-patrimoniale che hanno consentito di svelare i reali proprietari della ricchezza, a fronte di intestazioni fittizie a soggetti terzi.
Un particolare non trascurabile è l’attenzione delle cosche per i terreni spesso sottratti ai vecchi latifondisti attraverso l’intimidazione e senza il pagamento di alcun corrispettivo, ovvero acquistati a prezzi bassissimi anche avvalendosi di contributi all’agricoltura nell’ambito della Politica Agricola Comune.

I BENI SEQUESTRATI
Si tratta di 32 appezzamenti di terreno coltivati ad uliveto, siti in Sinopoli (Rc); tre terreni situati in Roma; un terreno sito in Roma, con sovrastante fabbricato multipiano realizzato abusivamente; un fabbricato a Sant’Eufemia d’Aspromonte; un’autovettura di grossa cilindrata (Audi); un’ azienda olivicola ubicata a Sinopoli (Reggio Calabria); tre terreni, coltivati ad uliveto, siti in Seminara (RC); nove terreni, coltivati ad uliveto, nel comune di Melicuccà (Reggio Calabria); un immobile localizzato a Reggio Calabria; un’autovettura di grossa cilindrata (Bmw serie 5); e cinque appartamenti di civile abitazione, dislocati sul territorio della città di Reggio Calabria Calabria.
Le investigazioni nell’ultimo decennio hanno evidenziato la assoluta sproporzione tra i redditi dichiarati nell’ultimo ventennio dal boss Carmine Alvaro, dai suoi familiari e dagli altri soggetti coinvolti nell’operazione, rappresentati da modesti emolumenti percepiti, sino alla fine degli anni Novanta, dall’AFOR e dall’INPS, ed il cospicuo patrimonio immobiliare rinvenuto. Particolarmente evidente, all’attenzione degli inquirenti, la posizione del figlio di Carmine Alvaro , Domenico (32) – attualmente recluso presso la Casa circondariale di Padova – che seppur in «totale assenza di redditi», è risultato, di fatto, proprietario, nel comune di Roma, di un intero edificio, costituito da tre piani fuori terra (ciascun piano esteso per oltre 300 mq), totalmente «abusivo», nel frattempo, divenuto di proprietà del Comune di Roma a seguito di espropriazione forzosa. Tra i colpiti dal provvedimento di sequestro anche il commercialista reggino Maurizio Grillone ritenuto la «mente» finanziaria della cosca Alvaro.

Il PROCURATORE PIGNATONE
«Abbiamo colpito un vero e proprio ‘patriarca’ della ‘ndrangheta». Pignatone ha definito «l’azione di aggressione ai beni mafiosi uno dei pilastri fondamentali di contrasto alla ndrangheta ed alla mafia in genere». Secondo il procuratore di Reggio «Domenico Alvaro è stato uno dei garanti del mantenimento dell’armistizio criminale a Reggio negli ultimi anni tra i De Stefano ed i loro avversari. L’inchiesta ha messo in luce la forte capacità di penetrazione degli Alvaro nell’accesso agli aiuti comunitari in agricoltura, giustificati dalla disponibilità diretta ed indiretta di grandi estensioni di uliveto.
In un caso, l’Agea, l’Agenzia per le erogazioni in agricoltura ha corrisposto 300 mila euro agli Alvaro, ma crediamo non si tratti di un unico episodio, tant’è che le indagini, in questa direzione, sono ancora in corso grazie all’alta professionalità espressa dalla guardia di finanza».

IL COMANDANTE DELLA FINANZA, REDA
Secondo il comandante provinciale di Reggio Calabria delle fiamme gialle, col. Alberto Reda, «è stato possibile ricostruire la rete degli interessi della cosca Alvaro riascoltando le intercettazioni telefoniche dell’operazione Virus, condotta nel 2009 dai carabinieri e coordinata dal pm della Dda di Reggio Roberto Di Palma. Le indagini che abbiamo sviluppato – sono state scannerizzate con un nostro specifico sistema software, che chiamiamo ‘molecola’, ed assemblate in maniera efficace, com’è dimostrato dal successo dei risultati».

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