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di FRANCO CIMINO
Con ansia cerco, tra le pile di carte disordinatamente accatastate, l’articolo che avevo accantonato, un mese fa, dopo che la generale distrazione e indifferenza sul ritrovamento dei resti di una villa romana (nella foto). Pensavo che di Crotone non interessasse nulla a nessuno. Qualche volta, infatti, un po’ di stanchezza ti prende nell’inseguire inutilmente grandi speranze. Domenica 9 maggio, il direttore, Matteo Cosenza, pubblica un editoriale molto bello dal titolo “Crotone e la Calabria tra metafora e sogno”. Allora ho capito che in due, più un giornale importante, si può fare di Crotone un sogno che scende nella realtà dura e difficile della Calabria. Ecco quell’articolo: Casualmente, e per l’involontario merito dei lavori di ristrutturazione di una rete idrica , è apparso dal sottosuolo di Crotone un corpo considerevole di reperti archeologici risalenti alla Crotone del periodo immediatamente seguente quello greco, fondativo della Città. Quello meno noto proprio per mancanza di documenti importanti. A detta di uno studioso, presente agli scavi, in poche settimane verremo a conoscenza di un periodo storico assai importante per il cammino compiuto dalla Città pitagorica lungo la strada della civiltà. Dovremmo tutti, italiani e calabresi prima ancora che i crotonesi, essere felici per questo. Felici e rassicurati. E anche fortunati, per le montagne di oro e profumi che nasceranno accanto a Crotone, le cui vestigia già celebrano onori e glorie antiche. Se Crotone ride, riderà tutta la Calabria. Dovremmo essere contenti, dicevo. Ma non possiamo esserlo. Almeno completamente. Per due motivi. Il primo: i lavori di ristrutturazione sono avvenuti su un’opera realizzata molti anni fa. Tubi enormi e tombini profondi attraversano o stanno accanto, con le larghi basi di cemento che li sostiene, ai preziosi resti archeologici. Domanda: perché non si è intervenuti allora? Chi ha deciso di fare quei lavori in quel punto? E perché è calato il silenzio sui reperti di quel che appare un’antica villa? Il secondo motivo è nella domanda : e se non ci fosse stato il lavoro di ristrutturazione della condotta, quando avremmo scoperto quel tesoro? Ma ora che il problema è noto, occorre sapere che fare. Per troppo tempo si è fatto finta di non sapere che sotto la nuova Crotone, in particolare la Crotone industriale, vi è tutta un’altra città. Tutta un’altra storia. Tutta un’altra civiltà. Le istituzioni, il mondo della cultura, avranno il coraggio di scavare? Scavare, pur conoscendo il costo considerevole che ciò comporta, in soldi pubblici, in interessi privati, in immagine, in voti? Spero di sì. D’altronde, solo pochissimo tempo fa si sono scontrati sulla vicenda “Euro Paradiso” due concezioni dello sviluppo. Forse per sbaglio – come accade da noi – e non esclusivamente per cultura ambientalista, ha prevalso il no ad una nuova invasione di cemento su un’area naturale bellissima. Si dice che probabilmente sotto una parte di quel terreno vi siano i resti di altri centri urbani antichi. Si inizi da lì. Il nuovo valente assessore alla Cultura e ai beni culturali sa molto bene che per puntare alla Calabria del turismo bisogna ricostruire la Calabria dei suoi beni culturali e del suo patrimonio storico. Solo il più stretto legame fra turismo e storia, cultura e ambiente, mare e monti, farà ricca la Calabria. Perché la renderà unica e inimitabile. Nessuna regione al mondo come lei. Per questo, tutti nel mondo vorranno raggiungerla. Per conoscerla nella sua ineguagliabile bellezza. Ma quante Crotone ci sono sotto la nostra terra? Questo non lo scopriremo mai. Neppure dietro quella voglia irrefrenabile di buttare giù con una sola ruspa tutte quelle brutte casermette costruite su quel litorale che da Reggio a Sibari ha visto arrivare dal mare tanti greci calamitati da quell’angolo di mondo che più somiglia alla regione più antica di civiltà.

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