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di Rosario Gigliotti
Il governo del territorio dal basso. È l’ambizioso obiettivo dei laboratori di urbanistica partecipata che stanno per nascere su iniziativa dell’università della Basilicata. Almeno è questa l’aspettativa suscitata, tanto è vero che il Quotidiano ha titolato così l’articolo di Sara Lorusso, che descrive con grande chiarezza le finalità e le modalità di attuazione dei laboratori. L’amministrazione comunale, riporta l’articolo, raccoglie la sfida, anzi “si impegna a sostenere questo percorso e a valutare attentamente i risultati”.
Finalmente una buona notizia, qualcosa in questa città che lascia intravedere un futuro diverso, quantomeno il fatto che qualcuno ancora creda a un cambiamento possibile. E qui devo, necessariamente, cambiare registro. Che non siano, questi, sterili esercizi o, peggio, balletti o ammiccamenti. Che non si faccia da sgabello alla città degli affari. Che non si giochi al ribasso, a mettere toppe nuove su un abito vecchio. Da questo punto di vista, la scientificità dell’approccio con cui nascono i laboratori, il contesto universitario, la disponibilità dell’amministrazione mi lasciano ben sperare. La “potentinità” no. Mi spiego. È talmente poco abituata questa città al pensiero libero, al coraggio delle cose “normali” che, spesso, non si osa neanche immaginare le cose possibili. Ci si autocensura, ci si crea ostacoli mentali, camuffati da regole, diritti acquisiti, economia di bilancio, ecc. ecc.
Infine vorrei ricordare ai promotori dell’iniziativa e al sindaco che, giustamente, ne diviene protagonista, che la posta in gioco è davvero molto alta, perché le cattive scelte urbanistiche non generano solo bruttezza, ma anche disagio, frustrazione, relazioni deboli, mancanza di identità. E mai come in questi giorni, a causa dei noti fatti di cronaca, in tanti percepiamo questi sentimenti. Ecco perché è fondamentale una piena consapevolezza del senso delle parole. Quando si parla di governo del territorio dal basso, si evoca la bellezza, la creatività, la qualità della vita, e quando i sogni prendono corpo nell’animo delle persone, non saperli accompagnare in un percorso di concretezza diviene una colpa imperdonabile.
Da semplice cittadino, non potrò mai cancellare dalla mie mente la speranza improvvisa che si apriva negli occhi di donne, bambini, ragazzi, al solo pensiero di un quartiere normale, con una piazza, un parco, una palestra, le scuole, i percorsi pedonali nel verde. E, guardando oltre, un rapporto equilibrato con il resto della città. Sogni? No, urbanistica partecipata. Cose concrete, fattibili, condivise in strada, in assemblee, in incontri pubblici e in pubbliche promesse. Sto parlando, è evidente, di Macchia Romana. Un’intera generazione è già passata in quel quartiere, dalla scuola elementare, frequentata rigorosamente lontano da casa, all’università, magari lontano da Potenza. Nell’assenza totale di relazioni, di opportunità, di bellezza. Chi restituirà a questi ragazzi i sogni negati? Chi darà conto a loro e alle loro famiglie degli anni passati nel grigio più totale? Se fossi un politico, anche l’ultimo dei consiglieri comunali, non avrei neanche il coraggio di guardarmi allo specchio….
Non si giochi dunque con la vita dei cittadini. D’altra parte è fondamentale esserci, partecipare, costruire dal basso. Spero che si risponda all’appello, con entusiasmo e senza diffidenze. Da parte mia, compatibilmente con il mio essere solo parzialmente cittadino di questa città, avrò molto piacere di portare nei laboratori il mio bagaglio di conoscenze acquisite sul campo, nei laboratori di strada, nei lavori di gruppo, e qualche sogno mai morto, nonostante tutto.

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