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Quattro persone sono state condannate all’ergastolo nell’ambito del procedimento «Missing», contro alcune cosche della provincia di Cosenza. Tra gli imputati, una quarantina, anche nomi eccellenti della criminalità locale. Al carcere a vita sono stati condannati Gianfranco Ruà, Pasquale Pranno, Francesco Perna e Romeo Calvano, ritenuti esponenti di primo piano dei clan. Gli ultimi tre condannati anche a periodi di isolamento diurno: 4 mesi per Ruà, 8 mesi per Pranno e un anno per Perna.
Gli altri imputati sono stati condannati a pene variabili tra i 12 e 29 anni di reclusione. Assolti, invece, il latitante Ettore Lanzino, Franco Muto, Franco Pino, Enzo Castiglia e Sergio Prezio, ed anche i fratelli Michele e Pasquale Bruni, figlio del presunto boss ucciso «Bella bella».
Imponente il sistema di sicurezza per la lettura della sentenza del processo Missing, scaturito da tre operazioni antimafia e che si è occupato dei fatti di sangue collegati alle guerre di ‘ndrangheta che hanno caratterizzato la città di Cosenza tra gli anni ’70 e ’90, quando si contarono più di 40 omicidi, tra i quali anche quello di Sergio Cosmai, direttore del carcere cittadino. Per questo tra le parti civili c’era la sua famiglia, come anche la Presidenza del Consiglio dei Ministri, la Regione Calabria, la Provincia di Cosenza, i comuni di Cosenza, Rende, Paola e San Lucido.
Tra gli imputati, più di 50, molti erano presenti in aula mentre alcuni erano invece collegati dalle carceri di Milano, Parma, Spoleto e Viterbo. Tra di loro, anche nomi davvero eccellenti del panorama criminale calabrese, come i noti Pasquale Condello, Franco Perna, Franco Muto, Franco Pino, Pasquale Pranno, Ettore Lanzino, Domenico Cicero, Gianfranco Ruà. Tutti nomi che hanno riempito le pagine di cronaca nera degli ultimi decenni.
In aula, per motivi di sicurezza e di ordine pubblico, non è stata ammessa la presenza delle telecamere. Numeroso il pubblico, composto soprattutto dai parenti degli imputati. Qualche mormorio alla lettura della sentenza, qualche commento vivace, ma nessun disordine. A fronte di 37 richieste di ergastolo, alla fine la corte, presieduta dal giudice Maria Antonietta Onorati, il carcere a vita è stato decretato solo per 4 degli imputati.

LE ALTRE CONDANNE:

Aldo Acri, 15 anni e 6 mesi;
Giancarlo Anselmo, 25 anni;
Umile Arturi, 14 anni;
Mario Baratta, 23 anni;
Nicola Belmonte, 12 anni e 6 mesi;
Pierluigi Berardi, 12 anni;
Lorenzo Brescia, 27 anni;
Gianfranco Bruni, 23 anni;
Giulio Castiglia, 25 anni;
Silvio Chiodo, 23 anni;
Domenico Cicero; 23 anni,
Nicola De Rose, 16 anni;
Vincenzo Dedato, 12 anni;
Claudio Gabriele, 16 anni;
Franco Garofalo, 14 anni e 6 mesi;
Edgardo Greco, 25 anni;
Giuseppe Irillo, 22 anni;
Rinaldo Mannarino, 14 anni;
Mario Musacco, 22 anni e 6 mesi;
Dario Notargiacomo, 12 anni;
Franco Pino, 14 anni e 6 mesi;
Giuseppe Ruffolo, 29 anni;
Angelo Santolla, 18 anni,
Giuliano Serpa, 13 anni;
Francesco Tedesco, 13 anni e 6 mesi;
Ferdinando Vitelli, 12 anni e 6 mesi;
Francesco Vitelli, 19 anni;
Giuseppe Vitelli, 18 anni e 6 mesi;
Fioravante Abbruzzese, 25 anni;
Giovanni Abbruzzese, 25 anni;
Vincenzo Bianchino, 25 anni;
Francesco Pirola, 23 anni.

Sono stati invece assolti, nell’ambito di questo procedimento, i pluripregiudicati Pasquale Condello, detto «il supremo», Franco Muto, «il re del pesce», Ettore Lanzino, latitante, Sergio Prezio, Osvaldo Bonanata, Santo Carelli, Giuseppe Cosentino, Antonio De Rose, Delfino Luceri, Giancarlo Stancati, Roberto Nesci, Francesco Camposano e Giuseppe Carbone. Spicca anche la disposizione di liberazione immediata, se non detenuti per altro, per Enzo Castiglia e Salvatore D’Andrea e anche per Michele e Pasquale Bruni, figli di Francesco, alias «Bella Bella», ucciso nel luglio del 1999.

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