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Ventottomila rapaci osservati, appartenenti a 24 specie, cui si aggiungono 107 esemplari tra cicogna bianca e nera e diverse specie rare. Ma c’è chi la natura, anzichè ammirarla, la prende ancora a fucilate: sono 400 i falchi abbattuti sul versante calabrese dello stretto di Messina. È il bilancio del progetto Rapaci Migratori e del XXVI campo antibracconaggio sul versante calabrese dello Stretto di Messina della LIPU-BirdLife Italia, che si sono tenuti nei mesi di aprile e maggio. Il progetto Rapaci Migratori ha coinvolto per un mese 12 osservatori in cinque località del canale di Sicilia (Pantelleria, Stretto di Messina, Marettimo, Ustica e Panarea) ha lo scopo di capire con precisione qual è il percorso di migrazione seguito dai rapaci nel Mediterraneo centrale e quali i fattori meteo che possono influire sul fenomeno. Su oltre 28mila rapaci osservati, ben il 92% (pari a oltre 26mila esemplari) è rappresentato dal falco pecchiaiolo, seguito dal falco di palude con 992 esemplari e dal nibbio bruno con 471.
Il picco della migrazione si è verificato il 30 aprile con il passaggio sullo stretto di Messina di ben 5.541 esemplari di falco pecchiaiolo. Il progetto Rapaci Migratori della LIPU, sostenuto dal contributo della LIPU UK, la sezione inglese dell’associazione, ha anche lo scopo di prevenire il bracconaggio sul versante calabrese dello Stretto di Messina, soprattutto contro il Falco pecchiaiolo: le informazioni sulla rotta degli uccelli e la consistenza della migrazione, spesso influenzati dalla direzione e dall’intensità dei venti, servono al coordinatore del campo dall’altra parte dello stretto messinese per ottimizzare, per quanto possibile, gli spostamenti e la vigilanza sul territorio reggino. Purtroppo però, attraversato lo stretto di Messina, i falchi hanno trovato ad attenderli i bracconieri: secondo la stima della LIPU, sono 400 i falchi abbattuti. «Le ragioni di questa recrudescenza sono due – spiega Fulvio Mamone Capria, vicepresidente LIPU-BirdLife Italia – la prima è che il servizio del NOA, Nucleo Operativo Antibracconaggio del Corpo Forestale dello Stato, è troppo breve e lascia scoperte fasi importanti della migrazione. La seconda è che il servizio di controllo è troppo rigido: i bracconieri conoscono perfettamente gli orari di servizio e di conseguenza sparano prima che inizino i turni». Durante il campo gli uomini del NOA hanno individuato tre armi clandestine (con matricola abrasa) nascoste con centinaia di cartucce in botole interrate e pronte per essere usate contro i rapaci.

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