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Viveva in un appartamento ben arredato della frazione marina di Bocale, a Reggio Calabria, Vincenzo Gullì, il latitante 42enne arrestato questa mattina dalla squadra mobile di Reggio e ritenuto un elemento di spicco della cosca Paviglianiti-Maesano-Pangallo operante nei «locali» di ‘ndrangheta di Roccaforte del Greco, Roghudi, S.Lorenzo e Condofuri, nella zona aspromontana.
Gullì era sfuggito alla cattura nell’ambito dell’operazione “Nuovo Potere” del gennaio scorso nel corso della quale sono state arrestate 27 persone. La cosca Paviglianiti-Maesano-Pangallo, i cui capi, Santo Maesano, di 53 anni, e Domenico Paviglianiti, di 49, sono detenuti per scontare condanne all’ergastolo, è stata contrapposta per anni a quella degli Zavettieri nella sanguinosa “faida di Roghudi” che nel corso degli anni ’80 e ’90 ha provocato decine di vittime. Faida che è terminata grazie alla mediazione del boss Giuseppe Morabito, «Tiradritto», capo dell’omonima cosca di Africo, e leader indiscusso della ‘ndrangheta.
Il provvedimento cautelare per il quale Gullì era ricercato scaturisce da un’inchiesta della Dda di Reggio Calabria, avviata dopo il tentato omicidio di Teodoro Spanò, di 52 anni, anche lui affiliato alla cosca di Gullì, avvenuto l’8 aprile 2004. Il 28 settembre successivo, a Roccaforte del Greco, è stato ucciso uno dei capi della consorteria Paviglianiti-Maesano-Pangallo, Antonino Pangallo, di 40 anni, conosciuto come «Chiumbinu» o «Cinghiale». I due fatti di sangue hanno indotto la Dda ad aggiornare gli assetti criminali nei locali di ‘ndrangheta della zona aspromontana. Da qui l’operazione «Nuovo Potere» alla quale Gullì era sfuggito. L’uomo è stato indagato anche nelle inchieste «Armonia», del 2000, e «Zappa 2», del 2006, entrambe della squadra mobile di Reggio calabria e culminate, rispettivamente, con 50 e 40 arresti.
Dalle indagini era emerso che il «locale» di Roccaforte del Greco, sciolto due volte per infiltrazioni mafiose, era storicamente caratterizzato da un’egemonia mafiosa di elevatissimo spessore criminale. I suoi abitanti sono inoltre legati da vincoli di parentela con quelli abitanti di Roghudi, centro poco distante, dove operano gli Zavettieri da un lato e i Paviglianiti-Maesano-Pangallo dall’altro. Vincenzo Gullì, insieme ai fratelli Vincenzo e Antonino, anche loro coinvolti in inchieste di ‘ndrangheta, gestiscono un noto bar nel centro storico di Reggio Calabria.

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