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Operazione della Polizia questa mattina per l’esecuzione di 14 provvedimenti di fermo nei confronti di altrettanti affiliati alla cosca Lo Bianco, attiva a Vibo Valentia. Gli indagati sono accusati di associazione mafiosa finalizzata alle estorsioni e detenzione illegale di armi. I provvedimenti di fermo sono stati emessi dalla Dda di Catanzaro per evitare il pericolo di fuga di alcuni degli indagati. Tra le persone arrestate dalla squadra mobile di Vibo Valentia figura anche Carmelo Lo Bianco, di 78 anni, ritenuto il boss della cosca.
L’inchiesta che ha portato stamani all’esecuzione dei fermi, è partita nel 2008 dopo la denuncia di un’estorsione subita da un imprenditore edile. Gli investigatori sono riusciti a ricostruire l’organizzazione del gruppo ed a giungere all’emissione dei provvedimenti. Nell’ambito dell’operazione sono state sequestrate anche due imprese, una operante nel settore della pubblicità e l’altra in quello dei trasporti, secondo l’accusa, erano gestite fittiziamente da incensurati, ma in realtà erano di proprietà della cosca, attiva a Vibo Valentia. Il valore delle due imprese non è stato ancora stimato. L’operazione è stata chiamata «The Goodfellas». I provvedimenti di fermo, emessi dal procuratore aggiunto della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro Giuseppe Borrelli, hanno già raggiunto Carmelo Lo Bianco, 78 anni, ritenuto il capo dell’omonima cosca egemone a Vibo Valentia; Nicola Rocco Manco, 48 anni; Andrea Mantella, 38 anni; Raffaele Pardea, 51 anni; Vincenzo Mantella, 24 anni; Domenico Macrì, 26 anni; Giuseppe Lo Bianco, 38 anni; Domenico Tomaino, 20 anni; Filippo Polistena, 34 anni; Francesco Franzè, 27 anni; Francesco Giurgola, 33 anni; Francesco Macrì, 30 anni. Tutti gli indagati sono di Vibo Valentia.

COINVOLTI DUE IMPRENDITORI
Ci sono anche due imprenditori, Filippo Polistena, di 34 anni, e Francesco Giurgola, di 33 anni, fra le persone coinvolte nell’operazione «The Goodfellas» contro la cosca Lo Bianco di Vibo Valentia. Il primo è il capo di un gruppo imprenditoriale attivo in vari rami, tra cui quello relativo all’attività di servizio ambulanza che, secondo gli inquirenti, sarebbe direttamente riconducibile alla cosca Lo Bianco, ed in particolare all’articolazione della quale sarebbe stato promotore Andrea Mantella, di 38 anni, attraverso l’ausilio di un gruppo di giovanissimi sodali. Giurgola è il legale rappresentante della Publiservice di Vibo Valentia, che, facendo riferimento alla cosca, avrebbe assunto il monopolio dell’affissione pubblicitaria a Vibo Valentia. Gli inquirenti indagano anche sul ruolo che il gruppo Polistena avrebbe assunto nella raccolta dei rifiuti in alcuni comuni del Vibonese.

AMBULANZE E SERVIZI FUNEBRI
Dalle indagini è emerso che gli affiliati alla cosca Lo Bianco gestivano anche il trasporto di malati con ambulanze private e i servizi funerari. In particolare, secondo l’accusa, i Lo Bianco hanno cercato di acquisire la gestione dei servizi funerari e del trasporto in ambulanza, grazie a una ditta che opera nel settore e che sarebbe, di fatto, di proprietà della cosca.

Il COMMENTO DEL SOTTOSEGRETARIO ALL’INTERNO, MANTOVANO
«L’ennesima conferma del peso decisivo della denuncia contro le estorsioni arriva da Vibo Valentia dove – grazie a indagini avviate nel 2008 a seguito della denuncia di un imprenditore edile vessato da richieste di «pizzo» – oggi la Polizia ha provveduto a eseguire 14 fermi ai danni di altrettanti affiliati alla cosca Lo Bianco, tra i quali l’elemento di vertice Carmelo Lo Bianco».
Così il sottosegretario all’interno, Alfredo Mantovano, commenta le operazioni portate a termine stamane dalle forze dell’ordine contro esponenti di mafia e ‘ndrangheta: «Una ulteriore dimostrazione, indiretta – dice il sottosegretario – dell’importanza di denunciare giunge da Palermo dove i carabinieri hanno arrestato cinque esponenti del mandamento mafioso di Resuttana, esito del contributo fornito dal collaboratore di giustizia Manuel Pasta; il risultato prefissato è stato raggiunto, ma sarebbe stato possibile identificare con largo anticipo gli estorsori se le vittime avessero deciso di affidarsi con fiducia allo Stato. Se oggi abbiamo certezza che la criminalità organizzata inizia a temere di imporre il «pizzo», lo dobbiamo a una svolta culturale alimentata da un processo di affiancamento delle Istituzioni ai cittadini sempre più concreto: l’abnegazione delle forze di polizia e dell’autorità giudiziaria, la lotta serrata alle mafie impostata dal governo e il contributo determinante dell’associazionismo antiracket – conclude Mantovano – ne costituiscono ingredienti essenziali».

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