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Quali effetti hanno avuto sette mesi tra carcere e domiciliari?
Per me non è cambiato tantissimo, al di là della sofferenza fisica e affettiva per aver passato momenti importanti lontano dalla mia famiglia. Natale, Capodanno, il quarto compleanno del più piccolo tra i miei figli. Forse ne esce fuori un uomo più pacato, razionale e riflessivo. Il Postiglione del 22 novembre avrebbe assecondato la sete di riscatto, vi assicuro che ne ho tanta.
Vuole dire che ha pensato di continuare, contro tutto e tutti, alla guida del Potenza?
Ma non devo dimenticare che le vere vittime di quanto è accaduto sono mia moglie e i miei figli. Io mi sforzo a trovare in sette mesi di reclusione il bicchiere mezzo pieno, un’esperienza di vita utile per il futuro, anche se non la augurerei a nessuno. Ma chi mi è stato vicino ha subito solo riflessi negativi. Per questo dico che la mia avventura nel calcio è finita. Ora ho l’interesse di tutelare in prima istanza me stesso, provando ad evitare il fallimento. Devo accertare quali sono realmente i bilanci del Potenza. Se qualcuno è disposto a prenderselo, accollandosi i debiti, io non voglio niente in cambio. Diversamente, se non si fa in tempo, sarò obbligato a portare avanti l’iscrizione per salvaguardare il mio patrimonio. Poi si vedrà, ma è ovvio che la cessione non sarebbe più a costo zero nel momento in cui dovessero emergere dei crediti o io dovessi rimetterci altri soldi per mantenere in vita la società.
E nel caso lasciasse il calcio, a cosa si dedicherà?
Continuerò ad occuparmi delle mie attività.
Oggi però è accusato di associazione a delinquere di stampo mafioso.
Mafioso io? Sarei l’unico boss che ha dovuto sporgere 129 denunce per aggressioni e minacce, l’ultima pochi giorni fa. Ho preso botte e ho temuto per l’incolumità della mia famiglia. Aggiungo: sarei l’unico mafioso oltraggiato continuamente dai cori dei tifosi, che non si sono fatti problemi ad oltraggiarmi con i peggiori epiteti. Se fossi davvero temuto, non accadrebbe questo. La mia persona è offuscata da una macchia che però non è da considerarsi indelebile. Un incidente di percorso. L’accusa riteneva di avere elementi di prova per poter procedere con il rito immediato, ma tali elementi si sono rivelati privi di certezza e sono stato rimesso in libertà. Non teorizzo un complotto, ma la mia è una figura che è entrata nel contesto cittadino con fare dirompente, anche per il mio carattere. O mi si ama o mi si odia. Ricordate che ho solo 27 anni. In una città come Potenza il calcio è una colonna della vita sociale. Io ho dato sin da subito modo di poter essere chiacchierato. Non essendo discendente di una delle “famiglie bene” cittadine, la mia figura è stata sempre accompagnata da un punto interrogativo.
Non bisogna però dimenticare che il Potenza è stato condannato per illecito sportivo.
Il 17 gennaio 2009, su La Gazzetta dello Sport, il presidente della Figc Giancarlo Abete dichiarava che mai avrebbe consentito che evoluzioni di carattere penale potessero far cambiare sentenze sportive. Parlando di Calciopoli, l’inchiesta non si è mica svolta con Moggi in galera. Negli arresti domiciliari ero sottoposto al divieto di comunicazione persino con i miei genitori. Figuriamoci se potevo difendermi sul piano sportivo, arrivando magari a confutare le intercettazioni. Ad esempio, non riesco ad immaginare che banconote da 50 e 100 euro – come raccontato dai due testimoni – possano essere chiuse in un pacchetto di patatine fino ad arrivare a 150 mila euro.
Il vizio di scommettere, o di orientare le scommesse, ha complicato la sua posizione.
E’ tutto da dimostrare, mi professo estraneo. Ho i miei dubbi che quelle bollette, che De Angelis avrebbe giocato con soldi miei, siano originali. Su quelle scommesse, da verificare nella loro veridicità, si è stati un po’ troppo leggeri. La verifica se al loro numero identificativo corrispondesse una matrice registrata presso i Monopoli di Stato non è stata fatta. E si tratta di dati che vengono cancellati dopo due anni, quindi non si è agito in tempo utile.
E’ però innegabile che di certe persone lei si fidava.
Il mio errore, come detto, è stato lasciare la porta dell’ufficio troppo aperta. Fidandomi di persone che non erano meritevoli della fiducia di una società importante. Ma non mi posso dimenticare il contesto in cui operavo: istituzioni vicine a giorni alterni, tessuto imprenditoriale che non mi ha mai dato una mano. Io vedevo in chiunque mi si avvicinasse una risorsa, un alleato in un contesto di isolamento. Fra l’altro io queste persone me le sono ritrovate in sede con metodi poco ortodossi. Avevo fatto un accordo con Anastasio Pane per il settore giovanile, De Angelis e Lopiano lo hanno intimidito e picchiato per rilevarne la guida. Nel contratto tra me e Pane c’era scritto che non potevo oppormi alla nomina di dirigenti da parte sua. Nomina che è puntualmente avvenuta.

Se la porta dell’ufficio era a suo dire troppo aperta, Cossidente entrava da lì?
No, assolutamente. Ho prove testimoniate che Cossidente nei miei uffici non è mai entrato, l’hanno confermato anche le mie segretarie.

Ha detto che Antonio Cossidente non ha mai avuto accesso ai suoi uffici. I vostri contatti, allora, dove si sviluppavano? Il boss sostiene addirittura di essere un suo parente.
Non nego di conoscerlo nè di aver parlato con lui in qualche circostanza. Ma non c’è un rapporto di parentela diretta. Mi spiego meglio: a Potenza esistono tre o quattro ceppi familiari storici, tra cui i Postiglione e i Cossidente. Se tornando indietro di due o tre generazioni ci può essere stato qualche intreccio, non lo disconosco. Ma ho letto nelle intercettazioni dei passaggi a dir poco fantasiosi: a telefono c’è chi parla addirittura di un incontro avvenuto nel mio studio tra me e Rocco Quaratino (ex dirigente del settore giovanile, ndr), con Cossidente nascosto dietro un muro di cartongesso e pronto ad intervenire in mio supporto. Ribadisco, Cossidente nei miei uffici non è mai entrato.
Quindi gli incontri si svolgevano da qualche altra parte?
E’ capitato solo una volta, quando sono andato presso lo studio di un ragioniere (Fanizzi, ndr) per incontrare Gigi Scaglione, che oltre ad essere consigliere regionale e un grande tifoso rappresentava in quella sede la cordata di imprenditori cittadini con i quali volevo interloquire per l’allargamento della base societaria. Comunque, in quello studio c’era anche Cossidente insieme a Scaglione. Io di Potenza non conosco tutto, voglio ricordare che ho solo ventisette anni. Due anni fa ne avevo venticinque, all’epoca dei Basilischi di anni ne avevo appena dodici. Il fatto che c’era seduto al mio stesso tavolo un politico di quella portata era per me una garanzia. Tutta l’accusa si regge fra l’altro sulle mie intenzioni proditorie di pensare alla costruzione di un nuovo stadio. Nel calcio di oggi, dove non bastano gli introiti da botteghino, trovatemi un presidente che non ci pensa. Di questo si è parlato in quella sede, e mi sembra davvero eccessiva l’accusa in capo a Scaglione di concorso esterno in associazione mafiosa.
Rimanendo in tema di politici, gli ultimi accadimenti hanno spinto il sindaco Santarsiero a prendere le distanze nei suoi confronti.
Le istituzioni mi sono state vicine sempre ad intermittenza. In questo caso, però, ritengo comprensibile la posizione del primo cittadino. Gli contesto solo di aver affermato, recentemente, un paio di inesattezze: non è vero che ha cacciato gli esponenti della British Land dal suo ufficio, quel giorno eravamo insieme. E soprattutto non è vero che dal 20 aprile 2008 non è stato più al mio fianco allo stadio. Siamo stati piacevolmente insieme, anche a cena, per queste ragioni sarà uno dei miei testimoni quando partirà il processo.
Resta un fatto: circondarsi di alcune persone le ha creato problemi.
Sicuramente ho commesso degli errori, ma vanno contestualizzati. Alla fine il rapporto d’affari con i vari De Angelis, Lopiano e Quaratino è durato tra i sei e gli otto mesi. A un certo punto mi sono reso conto che non potevo andare avanti con questi soggetti. Lopiano era un picchiatore, Quaratino andava incassando soldi dai genitori per far giocare i figli. Da alcuni di questi genitori io vengo anche denunciato. Sono stato prosciolto dal tribunale di Nola perché gli assegni Quaratino li aveva incassati lui, non li aveva girati a me. Quaratino venne perquisito in casa e dopo la perquisizione mi mandò un sms dal tono minaccioso: “ti spacco in due, porco”.
Vuole dire che queste persone l’hanno messa nei guai perché lei non ha voluto assecondare le loro attività illegali?
De Angelis ha collaborato come agente pubblicitario per la mia azienda di famiglia. Quando andava dai clienti ad incassare i soldi, gli facevano assegni non trasferibili intestati alla concessionaria Nipa. Lui si è fabbricato un timbro falso e con la collaborazione di parenti che lavorano in banca si è incassato gli assegni. Mi hanno portato una testa di maiale sotto casa. Pare che a lui abbia dato fastidio, in chiusura della contabilità, la mia richiesta di restituzione per 500 euro che gli avevo prestato per allontanarsi qualche giorno da Potenza. Nella chiusura delle indagini preliminari io vengo accusato per favoreggiamento di latitanza, avendogli dato 500 euro per scappare. Ma sono il favoreggiatore o quello che si è voluto far restituire i soldi?
Nel teorema accusatorio c’è che lei doveva tenere a bada i tifosi per riuscire a condizionare le partite senza intralci. Si è mai rivolto a terzi per placare le contestazioni?
Non ci sono prove di questo. L’incontro che io ebbi con tale Antonio Mecca, con l’intermediazione dei vari Scavone e Cossidente, non rappresenta il caso in cui ho chiesto una mano a qualcuno. Mecca la mattina di Potenza – Salernitana si è presentato nell’albergo del ritiro minacciandomi e offendendo la mia famiglia, tra cui mia figlia che ha dei problemi di salute. Nei brogliacci ci sono altre intercettazioni non trascritte dagli inquirenti. Scavone promuove un incontro chiamando Mecca, ad un certo punto Mecca lo richiama sollecitando l’appuntamento. Non mi pare si tratti di prelievo coercitivo di una persona. Io nel frattempo ero allo studio di Fanizzi e stavo per andare via, mi viene detto di rimanere perché stava arrivando Mecca. Dissi che avevo di meglio da fare, ma sono stato convinto a rimanere. Mecca si siede a tavolino e – in rispetto alla presunta mafiosità degli interlocutori – precisa di non avere niente di personale e di volermi contestare solo sul piano sportivo. Dice esattamente: “se avessi qualcosa di personale l’avrei risolta in mezzo alla strada”. Io gli dico di lasciar perdere i familiari, ma che può contestarmi quando vuole sul piano sportivo. Cossidente ribadisce lo stesso concetto. Mi hanno dato fastidio le sue offese ai morti e ai familiari, ma l’ho invitato a contestarmi liberamente come presidente. Se questo rientra in un disegno criminoso per assoggettare i tifosi, allora condannatemi.
Si legge anche la storia di una macchina incendiata a mo’ di intimidazione.
Il riesame l’ha derubricata. La macchina in questione ha preso fuoco spontaneamente, sono stati chiamati i vigili e il 113. Nel verbale hanno scritto che non c’era nessuna ipotesi di dolo. Come fa ad essere riconducibile a me il fatto che Rocco Quaratino, persona che aveva in uso l’automobile, il giorno dopo l’abbia fatta demolire?
In Potenza – Gallipoli invece cosa è successo?
Il gip ha stabilito che non ci sono elementi per dire con certezza che il pullman gallipolino è stato danneggiato da qualcuno riferibile a Postiglione. Quella partita, come sempre quando la posta in palio è alta, è stata vissuta con una carica emotiva particolare. In campo è stato creato un ambiente caldo. Ma non è stato questo a far partire l’inchiesta federale, generata invece dal tentativo di aggressione nei confronti della terna arbitrale ad opera di tifosi.
Di Pieroni e Fabiani che ci dice?
L’ex direttore generale della Salernitana me l’ha presentato Enzo Mitro, Pieroni è venuto a Potenza a seguire Di Bella da consulente di mercato del Livorno.
Perchè con questi dirigenti trattava lei, quando invece il proprietario del Potenza risulta Giacomo Minici?
Io mi dichiaro titolare del 100% del Potenza e delle sue controllate, mediante partecipazione diretta e indiretta. Il 15 dicembre viene emesso un provvedimento di misura cautelare reale sulle quote di Potenza e Calpel perché il 95% di Minici è mio, stando a dichiarazioni che ho fatto nelle sedi opportune. In ogni caso, abbiamo chiesto il dissequestro delle quote.
Potenza – Marcianise, Potenza – Cosenza. Parliamo di quest’anno: il conto con la giustizia sportiva è stato saldato?
La partita con il Marcianise è stata archiviata, non mi risulta ci siano altre inchieste per la mia gestione. Su Cosenza – Potenza del ritorno, ero già in galera. Nonostante siano scaduti i termini, in ogni caso, voglio fare ricorso contro i cinque anni di squalifica. Devo uscire io dal mondo del calcio, non devo essere cacciato.
Quindi il prossimo 27 giugno, termine ultimo per l’iscrizione, che fine farà il Potenza?
Non ho chiara la situazione ad oggi, ho chiara quella al 23 novembre.
Chi ha gestito l’ordinaria amministrazione ha parlato di un milione e duecentomila euro di debiti. Si trova ai conti?
Quando ho lasciato io c’erano un milione di crediti e 343mila euro di passivo, questi ultimi certificati dalla Covisoc al 30 settembre. Io per Di Bella dal Livorno avanzo 350 mila euro, perché l’ho venduto a 600 mila spalmati in tre anni. Non si può vedere il debito assoluto e il credito relativo. Anche il corrispettivo del contratto con la Legea (sponsor tecnico, ndr) non è stato tenuto presente da chi ha fornito queste cifre. Anche sui debiti ho sentito qualcosa di non aderente alla realtà: la prima volta si parlava di 800 mila euro, poi di un milione, poi di un milione e due, poi di un milione e mezzo. Io non posso permettermi un fallimento, anche perchè non vorrei si andasse incontro alla bancarotta fraudolenta. In estate dissi che in mano a me il Potenza non sarebbe mai fallito, ma per sette mesi la responsabilità gestionale non è stata la mia. La salvezza sul campo del Potenza è stata una vittoria di Pirro, perchè non aver schierato i giovani ha compromesso il futuro della società.
Un’ultima curiosità: il calcio di oggi è realmente malato?
E’ un mondo, in ogni caso, che fin quando esisteranno le scommesse sarà un mondo malato. Anche serie A e B non sono immuni. Il business è notevole. Una società di bookmakers mi aveva proposto la sponsorizzazione del Potenza per insediarsi nel mercato lucano, ritenuto più redditizio di quello campano per la minore abilità degli scommettitori. Nel nostro caso specifico, su quelle partite giocate da De Angelis, io delle riserve ce l’ho. Erano risultati facilmente pronosticabili, indovinati anche con la doppia chance. Non per forza c’è del marcio.
Sorprende solo Perugia – Potenza: il successo dei rossoblu, abbondantemente giocato, pagava benissimo.
Ma io non ero quello che le partite se le vendeva?

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