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di PAOLO RUSSO*
In tempi normali sarebbe come dare uno schiaffo alle opportunità di rilancio che si possono mettere in moto avendo a disposizione un sostanzioso portafoglio di risorse. In tempi di crisi rispedire al mittente quei miliardi necessari a favorire la crescita economica rappresenta praticamente un delitto. Parliamo di Agricoltura. Anzi dei miliardi stanziati dall’Unione Europea per l’attuazione della politica di sviluppo rurale per il periodo 2007 -2013. All’Italia sono stati attribuiti 8. 985.781.883 euro. Alla Calabria 653.941.000. Fondi importantissimi attraverso i quali raggiungere l’obiettivo del rafforzamento della coesione economica e sociale, del miglioramento della competitività del settore agricolo e forestale e di quello dell’ambiente in un’ottica di conservazione del paesaggio e di sviluppo sostenibile. Direte: ma allora dov’è il problema. Le risorse ci sono e le occasioni per spenderle, pure. Non è così. Anzi, non è sempre così. Rispetto alla cifra totale ci sono 615,02 milioni di euro che riguardano l’assegnazione 2007-2008 e che rischiano di tornare nelle casse dell’Europa se non saranno spesi entro il 31 dicembre del 2010. Il motivo si chiama disimpegno automatico delle risorse stanziate, la causa, invece, risiede nella velocità e nell’efficienza della capacità di spesa delle regioni e delle province autonome cui sono attribuiti gli stanziamenti. Già, perché il meccanismo di attribuzione funziona così: la politica di sviluppo rurale del nostro Paese viene attuata attraverso una programmazione a carattere regionale che si concretizza attraverso la redazione di singoli e specifici programmi di sviluppo rurale. Ogni Psr pur dovendo essere articolato in misure di intervento coerenti con il piano strategico nazionale, è dotato di un proprio piano finanziario valido nell’arco temporale 2007-2013. Un piano che si alimenta con il sostegno di una quota impegnata sul bilancio dell’Unione europea, di una quota statale e di una regionale. Ed ecco che arriviamo al però. Ogni regione e provincia autonoma è chiamata a spendere le risorse assegnate entro i due anni successivi all’impegno nel bilancio europeo. Pena, appunto, il disimpegno automatico. E il rischio, con il passaggio dei mesi, sta diventando sempre più concreto. I territori che hanno già completato le annualità di spesa sono soltanto alcuni. Molte, invece, le regioni che continuano ad accumulare ritardi: è il caso della Campania, della Puglia, della Sicilia, della Basilicata. Ma anche del Lazio che ha un’esecuzione finanziaria inferiore alla media nazionale. E della Calabria, che se entro il 31 dicembre del 2010 non spenderà 84.478.992,16 euro non riuscirà ad evitare il disimpegno automatico della somma stanziata dall’Europa. Che fare? Certo sarebbe semplice invocare efficienza, celerità e responsabilità. Ma qui non si tratta solo di rimanere con l’amaro in bocca per le occasioni perdute da aree dove l’agricoltura rappresenta uno dei segmenti economici trainanti. La verità è che la questione deve essere inquadrata in un’ottica complessiva, generale. Cercando di evitare che il “Sistema Italia” perda le risorse stanziate dall’Unione europea. E’ questo infatti il senso della proposta di legge che come primo firmatario, insieme con i capigruppo dei partiti politici di maggioranza ed opposizione che siedono in commissione Agricoltura della Camera, compresi i colleghi Nicodemo Oliverio e Giovanni Dima, ho presentato. Un solo articolo. Per far sì che la politica di sviluppo rurale possa essere attuata su base nazionale attraverso un unico Psr e, soprattutto, un unico piano finanziario. D’altronde le esperienze non mancano. Fino alla programmazione 2000-2006 il piano di sviluppo rurale italiano era esattamente così. Per questo era possibile travasare le risorse non spese da una regione all’altra con meccanismi di compensazione. Nulla di più corretto e premiale sul piano di un sano federalismo di responsabilità e di spesa. Non quindi il tentativo centralista di sottrarre risorse alle competenze regionali, anche se l’Europa lo consentirebbe, semmai l’aspirazione di un Paese moderno e consapevole delle difficoltà finanziarie che non si sottrae all’obbligo di aiutare le regioni nel non perdere opportunità essenziali per gli agricoltori. E’ federale questa norma, è centralista? Non saprei definirne la ratio se non con il buonsenso di un Paese che non può, e non deve, regalare risorse già assegnate. Lo scippo, la sottrazione per incapacità verrebbe vista come l’ennesima prova di una classe dirigente politico-burocratica distante dalla gente, dagli agricoltori che proprio per la crisi congiunturale vivono una difficoltà che solo queste risorse potrebbero in parte lenire rendendo la nostra agricoltura migliore nelle qualità prodotte e le nostre aziende ancor più competitive sui mercati nazionali ed esteri.

* Presidente della commissione
Agricoltura della Camera

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