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Un documento del Presidente dell’Assemblea regionale del PD Calabria, Pino Caminiti (in foto), dimissionario, che sarà presentato alla prossima Direzione Regionale del 17 giugno, perchè venga discusso e sottoposto al voto. «La crisi politica del Partito – si legge nel documento – sta avvitandosi sempre più su sè stessa, determinando una drammatica condizione di stallo. A quasi tre mesi dalla sconfitta elettorale, il Partito è senza un gruppo dirigente, senza una linea politica e senza un’unica rappresentanza in consiglio regionale. Tutto questo, – scrive – mentre è in atto una gravissima crisi economica, sociale e democratica che sta mettendo il paese in ginocchio ed allo stremo le fasce sociali e i territori più deboli. La Calabria, accanto alle conseguenze generali della crisi, vive poi il peso di specifiche emergenze strutturali, che si aggiungono, e che rischiano di comprometterne qualsiasi possibilità di ripresa. In questo allarmante contesto, il PD della Calabria – osserva – non può più continuare ad essere percepito come una forza del tutto avulsa ed impegnata solo a «guardarsi l’ombelico».
Serve decidere. Qui e ora. Ogni ulteriore calcolo tattico, ogni ulteriore rinvio o compromesso, sarebbero una scelta irresponsabile e per molti versi senza ritorno. La crisi del Partito va affrontata per quello che è e per come si usa fare, in casi gravi ed urgenti come questo, nelle organizzazioni democratiche: un congresso straordinario, da indire subito. L’Assemblea regionale, in tempi rapidissimi, decida un comitato di garanti, i tempi e le procedure. Quel che è certo è che nelle condizioni in cui è, il Partito non può stare un minuto in più. È paralizzato. Incapace di decidere e, quando finalmente decide, non è in grado di far rispettare le decisioni che assume. La vicenda del gruppo unico è emblematica. Non essendo stati in grado di far rispettare una deliberazione assunta dal massimo organismo dirigente, si derubrica una eminente questione politica a questione puramente regolamentare e la si affronta burocraticamente, capovolgendo cause ed effetti e lasciando le cose, che con la deliberazione si intendevano risolvere ed evitare, esattamente come stavano prima».
«Tutto ciò – sostiene – rafforza l’immagine di un gruppo dirigente impotente, avvezzo alle furbizie, incapace di muoversi nella chiarezza e nella coerenza. La mancata costituzione di un gruppo unico e tutta la vicenda dei rapporti con Autonomia e Diritti e la sua leadership favoriscono ambiguità di collocazione che minano la credibilità del PD. Smettiamola di girarci intorno: la questione è tutta politica, è parte della crisi del Partito, e va affrontata politicamente. Come pure politicamente e non statutariamente va valutata la non adesione di Bova e Adamo al gruppo del PD, decisione mossa da inadempienze del Partito e non da progetti diversi da quello del PD. In ogni caso, serve decidere. Non farlo, – conclude – permanere ulteriormente in questo immobilismo, significherebbe l’estinzione della funzione del Partito, a solo vantaggio di quanti pensano di poter conservare, per questa via, rendite e posizioni di potere».

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