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di ANTONELLA CIERVO
LA morte di Carlo Aymonino riapre il dibattito culturale sul ruolo svolto dagli esponenti più prestigioso dell’architettura italiana a Matera, dagli anni ’50 ad oggi.
L’architetto, che progettò il quartiere Spine Bianche nel 1954, partecipò e vinse il concorso per Piazza della Visitazione con Roberto Panella e l’ingegner Piergiorgio Corazza, nel 1993. Insieme a loro aveva condiviso anche il progetto per piazza Mulino, straordinario esempio di architettura che interviene sulle forme della città, come ricorda oggi Corazza.
«Il concetto stesso sviluppato per questa area, con la sua galleria, la sua architettura urbana. Non è un oggetto poggiato su una strada, ma interviene sulla città, trasformandola.
Un concetto che Aymonino ha sviluppato anche in altri lavori». Come si è potuta sviluppare questa logica per il Concorso per piazza della Visitazione?
«Il centro civico di piazza della Visitazione era già stato stabilito dal Piano regolatore del 1956. Grazie ad Aymonino – ricorda ancora Corazza – si era riusciti a dare senso della modernità a questa zona, come dimostra la piazza sopraelevata che era stata prevista».
Piergiorgio Corazza vive, ancora oggi, quei luoghi nella quotidianità di un cittadino e constata quanto si sia diradata la “memoria urbanistica” della città che, dice: «Una volta c’era, poi l’ha perduta. Penso al progetto di Spine Bianche al quale Aymonino teneva tanto, che vinse nel 1954 e che cambiò per sempre l’architettura, fino a quel momento legata al vicinato.
La trasformazione era legata al concetto di cambiamento del rapporto fra gli abitanti, i cittadini e le case. Ancora oggi Spine Bianche è uno dei più bei quartieri italiani, rimasto prevalentemente intatto».
All’epoca in cui era componente della commissione edilizia, Corazza affrontò il problema dei balconi nel rione e chiamò Carlo Aymonino per chiedergli un progetto e arigurado.
Parlando con la sua assistente, Luisa Tonioli, emerse l’ipotesi di intervenire “all’inglese” con strutture metalliche distaccate dalle costruzioni, che non intervenissero all’origine.
«Da quel momento, però, non ne seppi più nulla. Circa 10 anni fa – ricorda Corazza – mi telefonò perchè si apprestava a fare una mostra in Giappone e voleva alcune foto di Spine Bianche e di progetti simili, successivi a quello.
A Foggia, avevano cambiato tutto, lo stesso era accaduto a Brindisi. L’unico progetto intatto era rimasto Matera».

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