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Il sottotetto della chiesa della Santissima Trinità di Potenza – dove il 17 marzo scorso fu ritrovato il cadavere di Elisa Claps, scomparsa e uccisa il 12 settembre 1993 – «era diventato poco più di una squallida alcova, mentre Elisa giaceva buttata come uno straccio nell’angolo più oscuro, abbandonata da tutti meno da chi le voleva bene e disperatamente la cercava». È uno dei passaggi più duri di una nota diffusa oggi da Gildo Claps, fratello di Elisa, a nome della famiglia della ragazza. Claps ha commentato così la notizia, emersa ieri a Roma, del ritrovamento del dna di due uomini su un materasso che era vicino al cadavere e di un altro su uno strofinaccio sequestrato nei locali del centro Newman.
Nella nota, Claps ha attaccato con forza il presidente del centro Newman, Rocco Galasso, l’arcivescovo di Potenza, monsignor Agostino Superbo, e don Vagno, il sacerdote brasiliano che avrebbe scoperto il cadavere ben prima del 17 marzo. Gildo Claps ha parlato di «costante e ipocrita difesa della propria immagine, da quella della Chiesa a quella del centro Newman», mentre emerge che «in quella chiesa evidentemente tutto poteva accadere senza che nessuno ne facesse parola. Dal barbaro omicidio agli atti sessuali consumati a pochi metri dai poveri resti di Elisa». La lettera definisce «raccapricciante per nostra madre scoprire che quel sottotetto era diventato poco più di una squallida alcova». Riferendosi a monsignor Superbo, Gildo Claps ha definito una “farsa» il ritrovamento del cadavere il 17 marzo e ha chiesto al presule di «invitare don Vagno e quanti altri sono a conoscenza della verità a compiere un atto di carità cristiana e a squarciare questo sordido velo che ancora ricopre le circostanze della scoperta del corpo». Infine, Claps ha detto chiaramente che «don Vagno ha mentito sul particolare degli occhiali: la perizia lo dimostra inequivocabilmente». Il sacerdote disse di aver preso in mano gli occhiali e di averli riposti vicino ai resti del cadavere ma gli esami hanno dimostrato che le lenti non vennero mai toccate. Inoltre, Claps ha definito «offensivo per noi e per la memoria di Elisa l’equivoco fra cranio e ucraino che è stato causa, a dire del vescovo, dell’incomprensione rispetto ai tempi del ritrovamento. E ancora noi genitori – ha concluso Claps – abbiamo bisogno di essere rassicurati su quello che accade nelle parrocchie per non ritrovarci un giorno a scoprire quello che stiamo apprendendo dopo il ritrovamento del corpo di Elisa». Il fratello della ragazza, che all’epoca della morte aveva 16 anni, ha rinnovato l’appello a tutti a «spazzare via l’ipocrisia e l’omertà che avvolgono questa vicenda. Lo dobbiamo ad Elisa e a ciascuno di noi per non vergognarci di appartenere a questa comunità».

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