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di ANTONELLA CIERVO
MARIANNA è vestita di nero. Poggia le mani sulla tovaglia che ricopre il tavolo al centro della stanza. Nella casa di due stanze, a pochi passi dal sontuoso palazzo che ospita la Soprintendenza, lo spazio è poco, ma sufficiente per due persone. Sul letto a pochi passi, fino a pochi giorni fa dormiva suo figlio. Daniel Florin Iliescu, 26 anni, è morto dopo essere stato colpito domenica 27 giugno da un colpo alla testa in via Yuri Gagarin, a Matera.
Era insieme a Francesco Di Cuia che, come lui, è stato raggiunto da una pallottola calibro 7,65 sparata a distanza ravvicinata. Marianna lo ha sepolto nel cimitero vecchio di Matera, in via IV novembre ma non si da’ pace. Accanto a lui suo figlio Valentin, tornato in fretta dalla Spagna per l’ultimo saluto a Daniel. «Mio figlio non amava la violenza. Se qualcuno, vicino a lui, litigava cercava di farlo tornare alla ragione, evitando l’uso delle mani – ricorda – invece sono stata costretta a seppellirlo qui, a Matera, dove lo hanno ucciso. Quella sera mi aveva detto che avrebbe incontrato gli amici alla villa comunale. E’ uscito di casa alle 7,30 e io non ha saputo niente di lui finchè qualcuno è venuto ad avvertirmi che era in ospedale. Sono sicura che è stato ucciso perché ha visto chi ha sparato». Valentin, suo fratello ne è convinto e, in un misto di spagnolo, rumeno e italiano, cerca di mimare quei momenti ai quali non ha assistito ma che, ne è certo, hanno segnato il destino di suo fratello.
«L’unica cosa che voglio – aggiunge Marianna – è riportare Daniel in Romania. Voglio seppellirlo lì, ma non ho i soldi per farlo e per ora devo lasciarlo qui, sotto terra. Le spese del funerale sono state sostenute dalle offerte di persone buone che ci hanno aiutato, ma ora io sono senza lavoro e la mia famiglia deve andare avanti. In Romania, per ora, non posso tornare e non ho il coraggio di dire a mia madre, la nonna di Daniel che ha 76 anni, che suo nipote non c’è più. Mi ha chiamata al telefono qualche giorno fa e mi ha detto di dare un bacio a Daniel. Non sono riuscita a dirle che è morto».
Sul tavolino, accanto al letto dove dormiva suo figlio, oggi c’è la cornice in argento listata a lutto, che custodisce la foto di Daniel. Marianna non guarda da quella parte, come se per alcuni versi volesse ignorare la realtà, pensare che in quella casa suo figlio possa tornare da un momento all’altro e abbracciare lei e il fratello lontano, tornato per qualche giorno. «Spero sempre che possa entrare da quella porta – dice Marianna. Poi guarda Valentin con il volto tirato per le notti insonni, la maglietta nera rimasta la stessa da quando è atterrato in Italia, la barba lunga ma lo sguardo fiero di chi è convinto di aver perso un fratello innocente, e va avanti.

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