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di ANTONIO CORRADO
POLICORO – Il caso dei fidanzatini di Policoro è ufficialmente riaperto, con la nomina di un perito incaricato di valutare l’opportunità di riesumare le salme, per ulteriori rilievi scientifici sulle cause della morte.
Lo ha stabilito il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Matera, Rosa Bia, rigettando la richiesta di archiviazione e accogliendo la granitica opposizione delle famiglie di Luca Orioli e Marirosa Andreotta, i due ragazzi trovati morti nel bagno di casa Andreotta il 23 marzo del 1988. Le famiglie sostengono la tesi dell’omicidio; il pubblico ministero Rosanna De Fraia aveva sostenuto, il 24 aprile scorso, quella dell’avvelenamento da ossido di carbonio, sprigionatosi per il presunto malfunzionamento della caldaia domestica.
Due verità in conflitto, ma la certezza è una, solo una, quella riscontrabile con la perizia scientifica sui resti dei due poveri giovani. Sembra aprirsi, insomma, un secondo caso Claps, anche più semplice da un punto di vista operativo, perché non c’è una vasta scena del crimine da analizzare, ma solo tracce di Dna ed eventuali riscontri di presenze estranee ai due ragazzi in quel bagno maledetto.
Molto è stato inopinatamente sciupato all’epoca delle prime indagini, tra reperti mal considerati e l’avaria della macchina portatile per la radiografia, durante la prima riesumazione delle salme, poco tempo dopo la morte. Ma, come insegna proprio il caso Claps, i modernissimi e potentissimi strumenti di indagine possono fare miracoli, rinvenendo tracce rilevanti anche a distanza di vent’anni.
E’ la speranza delle famiglie Orioli e Andreotta, che non hanno mai escluso eventuali cause accidentali della morte, ma vogliono vederci chiaro, vogliono prove scientifiche. E le potranno avere solo con la riesumazione resa possibile dal gup, attraverso la nomina di un perito. In poco più di un mese, il giudice Bia, pur valutando positivamente l’analisi effettuata dal pm sugli elementi risultanti dalle indagini preliminari, condotte con l’ausilio dell’Unità anticrimine violento della Polizia Scientifica di Roma, ha accettato l’istanza delle famiglie, che chiedevano la riesumazione per verificare tracce di Dna di terzi; effettuare la radiografia che non fu possibile fare alla prima riesumazione, per verificare eventuali fratture conseguenti a una eventuale colluttazione; ma anche rinvenire tracce sintomatiche della intossicazione da monossido, o di una elettrocuzione. Tutte ipotesi che si sono rincorse in questi anni, comprese quelle già escluse dalle indagini scientifiche, ovvero l’intossicazione e lo choc elettrico.
Secondo il Gip, quindi, la richiesta di archiviazione del pm va rigettata, disponendo la restituzione degli atti per l’ulteriore corso delle indagini, affinchè si conferisca incarico a un consulente medico legale “che valuti -si legge nel dispositivo- la possibilità di una eventuale nuova riesumazione dei corpi dei ragazzi, al fine di accreditare o escludere l’ipotesi investigativa del duplice omicidio, che è alla base della riapertura delle indagini”. Un passaggio importante, perché prova della coscienza del giudice Bia nella valutazione scientifica di ogni pista possibile. “Curerà il pm -prosegue il Gip- di valutare se disporre le altre investigazioni suggerite dagli opponenti, che si presentano logicamente successive rispetto all’eventuale rinvenimento di tracce di una morte cagionata da terzi con qualunque mezzo”.
Il riferimento è all’esperimento giudiziale, utile a stabilire se l’impatto della testa di Marirosa con lo spigolo della mensola o del rubinetto della vasca da bagno, avrebbe potuto causare una delle ferite. Poi c’è l’audizione di Prospero Amendola sul rapporto travagliato con Marirosa; l’audizione dell’ex appuntato dei carabinieri Nicorvo, affinchè riferisca se tra le 3 e le 4 di quella notte qualcuno entrò in casa (il fotografo Cerabona); l’audizione della madre di Marco Vitale, su minacce mafiose subìte da Luca; una perizia sulla fotografia degli atti; l’audizione di Francesca Andreotta sull’identità delle persone che la avvisarono quella notte; l’approfondimento dei temi di indagine indicati dai carabinieri di Policoro; chiarire quali siano le considerazioni medico legali della relazione Uacv. Infine, l’individuazione e l’audizione dell’estetista presso la quale Marirosa aveva fissato un appuntamento per quel giorno.
Una gioia composta ha colto Olimpia Fuina, la combattiva madre di Luca Orioli, apprendendo della riapertura delle indagini: «Sono commossa -ha dichiarato al Quotidiano- per la prima volta in tanti anni sto piangendo di gioia. Ora mi aspetto di tutto, perché tra le righe del dispositivo del giudice leggo la volontà di conoscere la verità dei fatti, attraverso una prova scientifica. Era scandalosa la riproposizione delle cause accidentali, che stavano alla base della richiesta di archiviazione -prosegue Fuina- perché poneva un dubbio su una certezza maturata da riscontri scientifici (l’impossibilità dell’intossicazione ndr); il massimo del paradosso, dopo tanti anni di sofferenza.
Oggi mi sento rispettata come persona nel mio diritto a conoscere la verità e nel mio dolore inenarrabile, una sofferenza che può capire solo chi la prova. Mi auguro che adesso si faccia tutto per bene, senza cercare di camuffare la verità. Io sarò presente a tutti i passaggi della nuova indagine, fino al limite dell’impossibile -ha concluso la mamma di Luca- perché ho diritto alla giustizia». Fiducioso anche Francesco Auletta, il legale della famiglia Orioli, insieme con Riccardo Laviola per gli Andreotta: «Credo che il giudice Bia abbia valutato tutti gli elementi affinchè si accerti la verità. Finalmente sarà fatta un po’ di giustizia».
Non resta che attendere la nomina del perito, che spetta al pubblico ministero De Fraia, e l’eventuale auspicato via libera alla riesumazione. Un atto di buona giustizia per spegnere (semmai fosse possibile) un dolore che si trascina da 22 lunghi anni.

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