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di ANDREA DI CONSOLI E’ soddisfatto l’architetto Tiziana Bove Ferrigno, presidente del Comitato comprensoriale “Grande Lucania” del Vallo di Diano, battagliera “lucana” di Padula (tale si definisce) dopo il voto favorevole del Consiglio Comunale di Sala Consilina, il 20 luglio scorso, che ha espresso parere favorevole affinché la propria comunità possa esprimersi – quando verrà stabilito – sulla possibilità di passare armi e bagagli alla Regione Basilicata.
Seduta a un tavolo di caffè, a poca distanza dalla Certosa, la Ferrigno mi parla con malcelata soddisfazione, anche se è consapevole che il cammino per realizzare la Grande Lucania è ancora lungo.
Le chiedo di raccontarci un po’ di cronistoria di questa battaglia identitaria, politica e geografica: «Il nostro Comitato si è costituito nel 2007 con l’obiettivo di portare la popolazione di questo comprensorio al referendum popolare per la riaggregazione alla Lucania, perché tutto questo territorio, da Eboli al fiume Lao, faceva anticamente parte della Lucania, e quindi era pienamente territorio lucano, e questo lo testimoniano anche molti toponimi, penso, per esempio, ad Atena Lucana».
Tiziana Bove Ferrigno è un osso duro, una “pasionaria” controcorrente, e rivendica la natura bipartisan della loro battaglia aggregativa che, ci tiene a precisare, non sarà né «un’annessione» né «una secessione» – anche se lei, provocatoriamente, si è candidata due volte con la Lega Nord, raccogliendo molti voti, e portando a Padula big del Carroccio quali Roberto Calderoli: «Noi chiediamo semplicemente l’indizione di questo referendum, affinché la popolazione possa esprimersi democraticamente. Il primo passo per poter andare al referendum è che ogni comune che decide di far esprimere il proprio popolo deve deliberare in sede comunale il quesito referendario. L’approvazione di questo quesito è il primo passo per avviare l’iter burocratico. Allo stesso tempo bisogna approvare la nomina di un delegato nazionale che rappresenterà l’istanza referendaria alla Corte di cassazione, e noi come delegato nazionale proponiamo il nostro presidente, il magistrato Raffaele De Dominicis».
Chiedo alla Ferrigno quanti comuni abbiano sinora deliberato in favore del quesito referendario, e lei mi risponde: «Sinora hanno deliberato l’approvazione del quesito 16 comuni, tra cui Atena Lucana, Montesano sulla Marcellana, Sanza, Monte San Giacomo, Auletta, Petina, Caselle in Pitteri e, ultima in ordine di tempo, Sala Consilina».
E cosa accadrà se si riuscirà ad andare al referendum? Risponde la Ferrigno: «Occorrerà che la maggioranza vada a votare, che la maggioranza dica di sì, dopodiché, se la maggioranza sarà favorevole, il Parlamento italiano dovrà ratificare la decisione popolare. Ovviamente potrebbe anche opporsi, ma dovrebbe motivare tale opposizione».
Il racconto dell’architetto di Padula è intenso, pieno di elementi concreti di valutazione: «Tutti gli incontri che abbiamo fatto sinora con le istituzioni lucane, con le Province e con la Regione, sono sempre stati favorevoli, anche se in alcuni c’è un po’ di scetticismo, magari per la paura di aggregare un territorio sconosciuto che potrebbe avere, loro pensano, molte aspettative. La Basilicata invece ci guadagnerebbe, perché la popolazione del Vallo di Diano è di 80.000 abitanti e, se ci aggiungiamo il Cilento, dove anche si sta facendo la stessa battaglia, si arriva a 250.000 abitanti. La nostra popolazione è molto favorevole a questo passaggio, ogni singolo comune ha un comitato civico, coordinato dal nostro Comitato, e con loro abbiamo fatto tantissime manifestazione e dibattiti, e sono stati organizzati stand per la raccolta di sottoscrizioni. Ma noi non pensiamo di trovare in Basilicata un’isola felice, perché prima di tutto noi rivendichiamo semplicemente le comuni origini storiche. Dall’altra parte dei monti c’è infatti la Val d’Agri, e noi siamo proprio ai confini, e quindi c’è un’omogeneità identitaria e storica. Questo in primis. Qualcuno pensa che noi vogliamo andare in Basilicata per chiedere finanziamenti o altro. Non è così. Anzi, sarebbe bello se anche in Basilicata sorgessero comitati di appoggio, perché con la Grande Lucania la Basilicata diventerebbe semplicemente più forte».
Uno dei motivi per cui gli abitanti del Vallo di Diano e del Cilento vorrebbero passare alla Basilicata è, ovviamente, l’eterna indifferenza e distanza della Regione Campania, una Regione con 5.800.000 abitanti: «E’ chiaro che noi non contiamo niente, siamo solo un bacino di voti, e prendiamo le briciole. Napoli e la provincia assorbono l’80 per cento dei finanziamenti regionali, e noi siamo considerati alla stregua di un quartiere di Battipaglia. Però a opporsi alla Grande Lucania è stata proprio una parte della classe dirigente politica campana, bassoliniani (uomini di Bassolino) e valiantani (uomini di Valiante) in testa. Noi ripetiamo invece sempre che la deliberazione non significa passare all’indomani in Basilicata, ma è un atto democratico che permette di avviare l’iter. Significa, cioè, che il comune darà al paese la possibilità di esprimersi. E’ stato assai difficile avere queste delibere, perché i sindaci sono spesso legati ai politici regionali. Forse però ignorano che i consigli comunali possono anche essere contrari, ma è importante dare alla gente la possibilità di decidere».
Chiedo alla Ferrigno quali siano i paesi che ancora non si sono espressi: «Padula non delibera ancora, così come Teggiano e Polla. Sono i comuni più grandi, che pensano di essere capofila rispetto agli altri che sono piccoli. Comunque anche nel Cilento ci sono comuni che hanno deliberato, penso ad Ascea, Casalvelino e Torraca. Queste delibere, poi, verranno depositate tutte insieme, per fare in modo che tutti i comuni vadano a votare insieme lo stesso giorno. Noi ci auguriamo di arrivare al referendum, ma l’ostacolo più grande è solo la politica, che ha paura. Noi però pensiamo che più dell’80 per cento della popolazione sia favorevole. Alla fine ce la faremo. La Grande Lucania si farà. Glielo garantisco».

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