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– Elicotteri delle forze dell’ordine che sorvolano la città. Uomini dell’Arma a presidio delle principale arterie a di alcune abitazioni. Questa la scena che si è presentata, ieri mattina, a molti melfitani. Un rincorrersi di voci per capire cosa stesse accadendo. In molti hanno temuto una nuova escalation della faida che da tempo, nel Vulture Melfese, vede contrapposti i clan Cassotta e Delli Gatti. E, forse, la pista non potrebbe escludersi a priori visto che le forze dell’ordine hanno eseguito una serie di perquisizioni in alcune abitazioni di presunti affiliati al clan Cassotta. Perquisizioni il cui esito non è dato sapere visto che gli investigatori tengono le bocche ben cucite. Questa mattina si terrà una conferenza stampa al Commissariato di Melfi. Conferenza stampa convocata per spiegare quello che potrebbe essere il retroscena delle perquisizione avvenuta ieri: ovvero l’arresto di Giuseppe Cacalano, 19 anni, sorpreso nella villa comunale con una pistola calibro 22. Giuseppe Cacalano – attualmente detenuto nella casa circondariale della cittadina federiciana dopo che il gip ha convalidato il fermo della polizia – è il figlio di Adriano, 35 anni, l’uomo condannato a 30 anni di carcere perché accusato di essere l’autore, insieme a Massimo Aldo Cassotta, dell’omicidio di Giancarlo Tetta avvenuto nell’aprile del 2008 a Melfi. Cassotta e Cacalano furono arrestati dalla Squadra Mobile di Potenza, diretta da Barbara Strappato, su richiesta del pm della Dda Francesco Basentini alcuni mesi dopo l’omicidio di Tetta, cugino del boss Delli Gatti. Il delitto avvenne in una zona periferica, nei pressi di un’abitazione dalla quale l’uomo era appena uscito. Tetta, ricordiamo, stava per entrare nella sua automobile, quando fu colpito da sei colpi di pistola, cinque al viso e uno al torace. Sul luogo dell’omicidio furono trovati altri due bossoli e, a qualche metro di distanza dal cadavere, una pistola, un revolver con il numero di matricola di cancellato.
Poco dopo l’omicidio, i Carabinieri ritrovarono anche, in una zona di campagna, nei pressi dell’uscita Melfi nord della strada statale che da Potenza conduce a Foggia, una Fiat Croma ormai bruciata, forse utilizzata dai sicari. Gli inquirenti seguirono da subito la pista del regolamento di conti tra clan avversari Giuseppe Cacalano, tra l’altro, quando era studente, al termine di un violento litigio accoltellò, all’addome, un suo coetaneo nel corridoio dell’Istituto tecnico commerciale per ragionieri e geometri “Gasparrini” di Melfi.
Alessia Giammaria
a.giammaria@luedi.it

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