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di LUIGI DE MAGISTRIS
I calabresi vivono da anni sotto occupazione. L’occupazione di un potere politico-istituzionale profondamente immorale, in gran parte corrotto, per certi versi mafioso. Un potere che ha consolidato il rafforzamento di una borghesia mafiosa e consentito alla ’ndrangheta di immedesimarsi nella gestione quotidiana di varie forme di potere. Poteri criminali, in parte occulti, che hanno agito per rafforzare la propria forza politica ed economica ai danni del popolo. Criminali dai colletti bianchi che hanno sperperato enormi risorse pubbliche, violentato le bellezze naturali, deriso l’identità culturale di una regione straordinaria. Un popolo tenuto nell’ignoranza dei fatti – complici una magistratura ed un’informazione in parte organiche ad un sistema masso-criminale – in modo tale che accetti tutto senza batter ciglio: il tutto in nome del progresso, degli investimenti, dell’occupazione. Miraggi. L’unica certezza è l’arricchimento dei soliti noti. Da tempo vedo nascere, però, un’altra Calabria. Quella dei servitori dello Stato che si ostinano ad esercitare il controllo di legalità in un territorio in cui le istituzioni spesso sono i luoghi di realizzazione dei crimini più laceranti per il tessuto democratico; quella delle associazioni di giovani contro la criminalità; quella dei movimenti a tutela dell’ambiente; quella di un popolo che ha cominciato a pensare in modo libero e critico, di un popolo che si ribella. È quel popolo che vuole tornare ad essere protagonista della politica e della società. Le comunità che si riappropriano dei territori. Ecco il popolo del Pollino che si oppone alla realizzazione scellerata della centrale elettrica nel Parco nazionale. Il popolo di Montalto e di altri comuni tra le province di Cosenza e Catanzaro che manifestano contro un devastante elettrodotto. Le popolazioni di Panettieri e Carlopoli che presidiano il territorio contro la costruzione dell’ennesima centrale a biomasse. I cittadini del Lametino e di Maida, in particolare, che riempiono le piazze contro l’invasione irrazionale di pale eoliche sui monti del Reventino e delle Serre. La città di Crotone che grida chiedendo verità e giustizia sulle morti da amianto e dall’illegale smaltimento dei rifiuti tossico-nocivi dell’industria cittadina. Il popolo calabrese tutto che scende in piazza contro le discariche mortali e le navi dei veleni. Un popolo che dice no alla Calabria pattumiera d’Italia. Un popolo che cerca rappresentanza politica e la trova ancora in poche donne e uomini dei partiti. Bisogna alzare la testa e guardare negli occhi coloro che stanno uccidendo una regione lasciandola senza futuro. A fronte di questa embrionale rivoluzione culturale scorrono sui video della televisione pubblica le immagini del presidente Scopelliti – che gode di così tanta benevolenza nei megafoni suadenti del regime televisivo – il quale illustra ai calabresi e agli italiani la straordinaria importanza del Ponte sullo Stretto. Si tratta, invero, di un’opera scellerata e criminale. Si sente Scopelliti affermare che il ponte porterà alla Calabria ricchezza, sviluppo economico, occupazione e turismo. Presidente ha mai percorso la Salerno-Reggio Calabria che conduce al luogo in cui lei vuole realizzare il ponte e sulla quale il Governo nazionale imporrà il pedaggio per gli ottimi servizi resi all’utenza? Ha mai attraversato tratti della Ss 106 e della Ss 18? Ha mai preso un treno nella tratta Reggio Calabria – Bari? Ha mai fatto un bagno in quei luoghi che assomigliano ad una cloaca più che allo splendido mare degli anni passati? Scopelliti dirà che non è colpa sua ma dei governi regionali precedenti (di cui egli, in uno dei peggiori, ha fatto peraltro parte quale assessore). Dirà che ha tanti bei propositi. Intanto, però, accelera, con i suoi “amici”, per la realizzazione del Ponte sullo Stretto. Il presidente sa bene perché si deve fare. È una cambiale da saldare con i prenditori di soldi pubblici in odore di “cricca”. È un assegno per i soliti signori del cemento. È un’opera che serve ad unire meglio Cosa nostra e ’ndrangheta, per migliorare le relazione con la mafia imprenditrice. Non ci prenda in giro, presidente, con la solita litania del politicante di turno sui soldi che arrivano e l’occupazione che cresce. I denari andranno nelle tasche dei soliti imprenditori (anche del Nord), dei politici collusi, delle mafie. I posti di lavoro se li spartiranno a tavolino come sempre. Se davvero Scopelliti volesse il bene dei calabresi si impegnerebbe ad utilizzare il denaro pubblico in ben altro modo. Ma non può farlo, egli fa parte di quella casta che ha distrutto in questi anni la Calabria. Non potrebbe mai spezzare il legame tra denaro pubblico e crimine. Non utilizzerebbe mai il denaro pubblico per incentivare uno sviluppo economico compatibile con l’ambiente. Non si opporrebbe mai alle centrali nucleari in Calabria in quanto volute dal suo capo, il piduista Berlusconi. Non si oppone agli inceneritori perché realizzati dai soliti prenditori. Non contrasta lo scempio del territorio; non valorizza l’imprenditoria libera e pulita e le imprese di giovani che vogliono effettivamente progresso e tutela della natura. Non vuole un’economia libera dall’oppressione del crimine organizzato. Volere e fare tutto ciò significherebbe per la casta un suicidio politico. Vorrebbe dire perdere il controllo del denaro pubblico, rompere il rapporto perverso con i prenditori dei soldi dei contribuenti, non controllare il lavoro direttamente o tramite “sgherri” di apparato, interrompere il legame tra utilità e voto di scambio. Crollerebbe la borghesia mafiosa e questi signori del potere non vogliono la fine del sistema mafioso: non tanto di quello con la lupara e la coppola, ma di quello con la penna, dal colletto bianco, dal denaro facile e dalle entrature istituzionali “gelatinose”. Rimaniamo in movimento e facciamo ascoltare la voce e sentire la lotta di una Calabria pulita che non si piega e mai si piegherà alle logiche immorali e criminali di un sistema corrotto e mafioso.

*Eurodeputato Idv

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