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di BIAGIO TARASCO
CHE il torrente Gravina sia altamente inquinato da tempo non lo può nascondere più nessuno, nonostante all’inizio il fenomeno venisse sottostimato.
Ma l’abbondante schiuma che da qualche anno ha iniziato a coprire il torrente e la nauseabonda puzza che l’accompagna non hanno bisogno di esperti per capire che occorrono interventi urgenti.
Si sono mosse le associazioni ambientaliste e la stampa ne ha parlato a più riprese, ma tutto resta fermo.
Eppure alcuni mesi fa la Regione Basilicata ed altri organi istituzionali sembravano dovessero finalmente intervenire con soluzioni definitive. Nel corso di una riunione tenutasi all’inizio dell’anno e presieduta dall’allora assessore regionale all’Ambiente, Vincenzo Santochirico, alla quale parteciparono rappresentanti dell’Arpab, di Acquedotto Lucano, dell’Aato, del Parco della Murgia materana, del Comune e della Provincia di Matera, venne dato incarico all’Arpab di condurre una campagna di monitoraggio lungo tutto il percorso del torrente Gravina. Nello stesso periodo l’Aato aveva proposto alla Regione Basilicata il finanziamento di 9 milioni e mezzo di euro per completare il sistema di depurazione della città di Matera.
La Regione, attraverso una comunicazione ufficiale, assicurò di condurre una campagna di verifica e di monitoraggio, che si sarebbe conclusa entro maggio e che, inoltre, avrebbe chiesto alla Regione Puglia e alle province di Matera, Bari e Taranto di partecipare a un tavolo tecnico per risolvere il problema dell’inquinamento del torrente Gravina sul versante pugliese.
“Tutte queste iniziative – rese noto l’assessore Santochirico – saranno meglio dettagliate in un protocollo d’intesa che sarà sottoscritto nei prossimi giorni da tutti i partecipanti alla riunione. Nell’intesa verranno definiti i compiti di ciascun ente e un relativo cronoprogramma per risolvere una volta per tutte e il prima possibile l’annoso problema dell’inquinamento del torrente Gravina”. Parole tranquillizzanti e d’effetto, soprattutto in periodo preelettorale. Il torrente Gravina, al di là delle promesse, oggi è ancora inquinato, il protocollo non è stato sottoscritto e non è stato condotto alcun monitoraggio sulla qualità dell’acqua. “Viene in mente – ha detto Pio Abiusi di Città Plurale – la storiella del contadino che nel 1963 chiese agli operai dell’Enel perché prima delle elezioni avessero portato i pali, visto che poi, a urne chiuse, erano ripassati a riprenderseli. A distanza di quasi mezzo secolo la storia si ripete uguale, ormai da venti anni, per il torrente Gravina. Il momento più concreto sembrò essere la riunione tenuta lo scorso mese di gennaio dall’assessore all’ambiente uscente. Riunione preelettorale, certo, ma in quella occasione si fece il punto concreto, individuando le varie componenti della problematica e l’assessore promise di mettere a disposizione una prima cifra per monitorare la situazione. Ma da allora non si è saputo più niente”. Nel frattempo la situazione, secondo Pio Acito di Legambiente “è peggiorata”, mentre il depuratore di località Pantano è in parte sottoposto a sequestro. “Abbiamo assistito – ha affermato Acito – alle solite promesse degli amministratori, alle quali non sono seguiti i fatti. Andrebbe fatta la verifica delle diverse fonti inquinanti, alcune delle quali sono stalle che scaricano i liquami nel torrente. Si consideri poi che molti campi vengono irrigati con l’acqua inquinata della Gravina. La Forestale dovrebbe controllare e denunciare, da Altamura fino al Mar Jonio, chi utilizza in maniera impropria l’acqua inquinata. Dovrebbero intervenire, a salvaguardia della pubblica incolumità, anche i sindaci di Altamura e Matera. Le leggi e la tecnologia ci sono per risolvere il problema, manca però la volontà”.

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