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«Forza Milan o Forza Juve o Inter può significare il via libera ad un atto violento, l’ok ad un assassinio. Alcuni di quelli possono essere messaggi di morte». Nicola Gratteri, procuratore aggiuntio di Reggio Calabria, autore de «La Malapianta» (Mondadori) consegna a Klaus Davi, conduttore di KlausCondicio su You Tube, per la prima volta, alcune decodifiche dei messaggi che i boss fanno circolare sugli schermi tv della Rai , alcuni dei quali inneggiavano ai successi dei grandi club.
«I boss detenuti comunicano con la mimica, – spiega – che è un primario mezzo di comunicazione. Parlano, scrivono con frasi riciclate. Ma non usano solo gli sms in tv. Hanno diritto a fare telefonate. Nel corso di questi colloqui ci sono frasi apparentemente innocue, ma che in realtà significano ben altro».
Quanto ai messaggi destinati ai programmi sportivi, nel corso dell’intervista a Klaus Davi, Gratteri ha ribadito che codici come «Forza Milan, Juve o Inter o messaggi inneggianti all’una più che all’altra squadra decrittati» possono essere messaggi di morte. In genere – aggiunge Gratteri – si adottano squadre molto popolari, che vengono utilizzate per dare vita a un atto violento. C’è un codice precostruito, che utilizza molto la simbologia calcistica. Si accordano prima per quali frasi e parole utilizzare e che possono dare il via a un atto violento».
Quindi sulla Rai possono essere circolate condanne a morte o atti violenti, ha chiesto a Gratteri Klaus Davi? «Sì» è stata la risposta del procuratore che è intervenuto anche sul potere degli arresti che nonostante tutto non sembrano fare paura alla criminalità organizzata: «Gli arresti ci sono, è innegabile, ma la mafia se la ride lo stesso – ha aggiunto Nicola Gratteri. – «La mafia se la ride, perchè ci dobbiamo chiedere, a fronte di un arresto, quante decine di ragazzi di 15 anni si stanno facendo battezzare dalla ‘ndrangheta. Stiamo lavorando e stiamo ottenendo i risultati sui soliti noti. Solo a Reggio Calabria e Milano abbiamo arrestato 300 persone. Il 50% degli arrestati si farà sei o sette anni di carcere. Cosa sono, rispetto alla prospettiva di comandare un paese? Un conto se di anni ne fanno trenta. Allora sì che si incide sugli equilibri della mafia e la si danneggia veramente» ha detto l’autore di «La Malapianta».
Per Gratteri, «se noi italiani non cambiamo il nostro modo di pensare, di essere, rischiamo veramente di morire «mafiosi» e con un quoziente di mafiosità sociale elevatissimo e sparso in tutta Italia. Dentro di noi, in ognuno di noi, c’è una piccolissima percentuale di mafiosità che si traduce nei comportamenti, negli atteggiamenti, nel vivere sociale. Se non diamo vita a una svolta politica, ma anche culturale e sociale, non vinceremo contro le mafie. Se invece ci fosse la volontà politica, potremmo combattere le mafie almeno all’ottanta per cento. Per raggiungere questo, deve cambiare anche quell’atteggiamento mafioso che si trova nella gente comune; in ognuno di noi. Ma soprattutto, ci vuole la volontà politica di combattere le cosche».
Il procuratore ha poi commentato il ruolo della Chiesa nel contrasto alla mafia: «La Chiesa calabrese sta facendo muro contro la mafia. Un esempio è stato dato dal vescovo di Locri, che ha fatto una lettera durissima contro i boss.» E a chi gli chiede «Ratzinger sta troppo zitto sulla mafia secondo lei?» “Sì troppo; è il secondo problema degli italiani. La Chiesa dovrebbe farsi sentire di più, data la gravità dei tempi e con la disoccupazione».
Un altro argomento di cui Gratteri parla è l’omosessualità nella mafia: «Ai vertici delle ‘ndrine ci sono anche dei boss che sono omosessuali o che hanno rapporti omosessuali frequenti. Ma lo sono in modo nascosto, perchè altrimenti verrebbero uccisi «posati» o messi in sonno come dicono i massoni». «La ‘ndrangheta – ha spiegato – non ammette l’omosessualità, seppure di un big-boss; si uccide per molto meno. Si uccide un picciotto perchè non si è vendicato per una moglie che gli ha fatto le corna, figuriamoci se un boss fa sesso con uomini o travestiti. Comunque alcuni boss dei più alti vertici delle ‘ndrine, praticano regolarmente rapporti omosessuali».
Ed infine un commento sul cosidetto processo breve che secondo Gratteri «per come è stato concepito, è un grande regalo a tutti: alla mafia e non solo. È un grande regalo soprattutto per chi commette reati nei confronti della Pubblica Amministrazione, poichè la mafia è al suo interno e ci sono uomini della ‘ndrangheta dentro la Pubblica Amministrazione.
Il processo breve provocherà conseguenze anche sui reati fine (reati non mafiosi e non commessi da mafiosi ma atti a favorire un’azione mafiosa aggravati dall’articolo 7 del codice). Infatti, in tutti i processi nei quali sono coinvolti dei mafiosi, non sempre sono presenti i detenuti. Sul processo breve credo che, per coerenza, dovrebbe farsi sentire il ministro Maroni, visto che complessivamente ha dimostrato di essere un buon ministro».
Da Gratteri un giudizio impietoso della legislazione antimafia realizzata dai governi italiani dal 1992 ad oggi: «Confermo. Da allora non è stato fatto più nulla, solo chiacchiere e convegni. Parlo di tutti i governi che si sono succeduti, di destra o di sinistra. Dopo il ’92 solo chiacchiere». Severo il giudizio di Gratteri anche sull’impegno dell’ultimo governo Berlusconi, del quale dice: «salvo solo due cose buone: una è il primo decreto sicurezza, che ha abolito il patteggiamento che prevedeva la condanna in primo grado a 25 anni; in cambio, il giudice non doveva scrivere la sentenza. La seconda cosa buona che ha fatto il Governo in materia di misure di prevenzione, è stata la possibilità di sequestrare i beni anche dei defunti. Il resto, mi paiono solo palliativi e spot pubblicitari».
Sul rapporto tra ‘ndrangheta e politica il procuratore sottilinea che «La ‘ndrangheta, forte dei dividendi ricavati dal commercio di cocaina, sarebbe perfettamente in grado di dare vita a un proprio partito; ma non ne ha necessità, visto che sono i politici che vanno a casa dei capi mafia e chiedono i voti. In certe zone del Sud, le cosche controllano il 20 per cento dei voti».

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