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MELFI – A bloccare il progetto della Fiom, questa volta, sono state Uil e Cisl: l’assemblea chiesta dai metalmeccanici della Cgil già qualche giorno fa, «per spiegare ai lavoratori della Sata quanto sta accadendo in questi giorni», non potrà tenersi. L’azienda aveva aperto sulla disponibilità, ma solo in caso di una rsu richiedente maggioritaria. E, invece, solo 22 dei 64 componenti la rappresentanza sindacale interna hanno sottoscritto la richiesta. In pratica a firmare il documento quasi esclusivamente i sindacalisti della Fiom. La proposta, invece, è stata bloccata da Uil e Fim. Per i due sindacati «all’interno dello stabilimento mancano le condizioni idonee» per svolgere «regolari e democratiche» assemblee con i lavoratori. Il riferimento è a quanto accaduto circa un fa, quando le riunioni sindacali in alcuni casi sfiorarono la rissa. Alla base dei momenti di elevata tensione, sfociati spesso in scontri verbali dai toni troppo accesi, proprio le divisioni tra le sigle sindacali. E ora, nonostante la situazione di emergenza, Cisl e Uil preferiscono mantenere ferma la line del “no”. «Era stato il segretario Emanuele De Nicola, a chiedere un passo indietro ai colleghi, per la convocazione urgente dell’assemblea. Ma la proposta non ha trovato la disponibilità di Cisl e Uil.
L’arrivo di Nichi Vendola
A schierarsi, invece, senza se e senza ma a favore degli operai è il presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola. Quanto sta accadendo a Melfi – ne è convinto il governatore – non è il retaggio dell’antico conflitto operaio/padrone ma il simbolo dello scontro sempre attuale tra precarietà e privilegi. La sua visita a Melfi è prevista per le nove, e lui rispetta i tempi: prima il passaggio davanti alla Commer Tgs, dove è in corso le vertenza per il licenziamento di due operai in malattia professionale: «Non è possibile che in Italia la vita di un operaio valga meno di un feto». Poi dritto davanti al cancello B della Sata dove ad attenderlo c’è tanta gente: «Quello allo sciopero è un diritto fondamentale, che non può essere violato in nessun modo. E quando qualcuno prova a toglierci anche questo ribellarsi è sacrosanto». E ancora: «Continuano a dipingervi come il Mezzogiorno improduttivo, che blocca la crescita e dove bisogna essere grati per uno straccio di lavoro. La verità è che per loro voi siete il Sud che deve mettersi in ginocchio». Poi l’attacco durissimo all’Esecutivo: «Il governo doveva fare da arbitro in una partita in cui in gioco è il livello di civiltà, il grado di democrazia. E invece il nostro governo vi ha preso a calci negli stinchi, schierandosi apertamente con Marchionne. Vogliono che alziate la bandiera bianca della resa». «E siamo all’assurdo – continua – quando il ministro Tremonti definisce “lusso”, l’inalienabile diritto alla sicurezza». Ma Vendola da Melfi non fa mancare bordate anche al Pd: «C’è qualcuno che doveva schierarsi e non lo ha fatto. Vedo che la sinistra sta scrivendo molto, penso alla lettere di Bersani e di Veltroni. Io, invece, ho letto. Ho letto la lettera degli operai di Melfi licenziati dall’azienda e forse avrebbero dovuto farlo anche loro: leggere piuttosto che scrivere».
Il presidio
Oggi, davanti ai cancelli della Sata, a San Nicola, arriverà anche il segretario nazionale della Fiom, Maurizio Landini. A sostegno della battaglia di Giovanni, Marco e Antonio si terrà un sit, a partire dalle 13 e 30, in corrispondenza del cambio turno.
L’appello alla Regione
Alle forze politiche regionali è arrivato un chiaro appello dal tavolo del convegno che si è svolto domenica sera a Rionero e organizzato da circolo di Sinistra ecologia e libertà. «Serve un segnale più forte – ha detto il segretario della Fiom, Emanuele De Nicola – da parte del governo regionale. Anche i vescovi si sono schierati dalla parte dei tre operai licenziati, chiedendo a Fiat di rispettare la sentenza del giudice. Ci aspettiamo ora un intervento più incisivo». Anche l’ex senatore Piero Di Siena ha insistito sulla necessità da parte del centrosinistra lucano di sviluppi una proposta politica unitaria sulla vicenda dei tre operai, e più in generale, sul modello industriale che la Fiat si prepara a mettere in campo. «Il movimento che si è creato intorno alla vicenda di Melfi – ha aggiunto Di Siena nel suo intervento – potrebbe assurgere a punto di partenza per la costruzione e l’affermazione di una nuova classe dirigente della sinistra lucana». A tirare direttamente in ballo il governatore De FIlippo, uno dei tre operai licenziati dalla Sata, Antonio Lamorte. L’auspicio è che «il presidente intervenga a viso aperto». Ha ringraziato, invece, per la solidarietà ricevuta in questi giorni l’altro collega licenziato al luglio dalla Fiat, Giovanni Barozzino. «Non abbiamo bloccato i carrelli – è tornato a ribadire – come sostiene la Fiat. Ci siamo limitati a fare un corteo all’interno dello stabilimento. Lo sciopero era stato indetto anch e dai delegati di Fim e Uilm». Per l’ex sottosegretario allo Sviluppo economico il caso Melfi è l’emblema di come «la sfida lanciata da Marchionne con il lancio della nuova politica industriale della Fiat e il feroce attacco ai consolidati diritti dei lavoratori, rischia di abbattersi pesantemente sul Mezzogiorno d’Italia e di aggravare la divaricazione tra Nord e Sud del Paese». Per il primo cittadino di Rionero, Antonio Placido «la vicenda che ha coinvolto i tre operai e la Fiom lucana dovrebbe indurre le istituzione, ad ogni livello, ad interrogarsi seriamente sulla reale portata della strategia industriale inaugurata negli ultimi tempi da Marchionne».
Mariateresa Labanca e Vittorio Laviano

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