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A Soverato domani si solgerà un’iniziativa in ricordo delle vittime della tragedia del camping Le Giare, avvenuta il 10 settembre del 2000, che provocò 12 morti tra disabili e volontari di un campo vacanze e un disperso inghiottito per sempre dalle onde del mare Jonio. L’area teatro della tragedia è quella nei pressi del torrente Beltrame dove ancora oggi rimangono i segni della devastazione.
Un anno e mezzo fa si è chiusa la vicenda giudiziaria con la sentenza definitiva di condanna della Corte di Cassazione per il proprietario del camping, un funzionario dell’Agenzia del territorio e un dipendente della Regione Calabria.
Sono passati dieci anni da quel giorno ma per coloro i quali sono sopravvissuti il colore di quel momento terribile resta ancora acceso; tra questi vi è Cesare Scorza Rotundo, operatore televisivo e volontario dell’Unitalsi, conosciuto a Catanzaro come Cesarino che ricorda il buio pesto, le voci strazianti che inseguivano invano nomi di persone e soprattutto l’acqua. La sua mente non potrà mai cancellare dalla memoria quelle interminabili ore dell’alba del 10 settembre 2000. Attimi terribili dunque, il ricordo di quella valanga d’acqua che ha travolto il campeggio devastando ogni cosa, e poi le persone che non ci sono più, come Rosario Russo, il ragazzo, diciassettenne, travolto dopo che aveva messo in salvo i propri genitori, e Mario Boccalone, un disabile. E ancora Vinicio Caliò, il guardiano del camping di cui non è stato più trovato nemmeno il corpo. Unica nota positiva in mezzo alla tragedia è stato il salvataggio di un giovane, figlio di campeggiatori romani, Kevan Castelli. Per il decennale a raccontare per immagini la tragedia di Soverato, anche un documentario di trenta minuti dal titolo significativo «Tredici», il numero delle vittime, diretto da Giuseppe Petitto.

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