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di SANTE CASELLA
Il Governo centrale chiede alla Regione Calabria il rientro dal deficit di circa due miliardi che il servizio sanitario ha accumulato negli ultimi anni per responsabilità trasversali ai due schieramenti politici attuali. E’ stato deciso il commissariamento della sanità, ma resta il gravoso impegno della giunta regionale di ridurre il deficit: I cittadini – utenti reali o potenziali – non sarebbero scandalizzati più di tanto, anche per la forzata chiusura d’alcuni ospedali minori, se l’assistenza erogata (quantità e qualità) a livello ospedaliero e territoriale fosse soddisfacente. Purtroppo non è così. E non solo per i casi di malasanità o per la responsabilità degli operatori, che, nonostante la loro professionalità, umanità e comprensione verso i pazienti, devono fare i conti spesso con mestieranti della politica e del potere presenti nel settore. Se pensiamo al deficit finanziario, dunque, dobbiamo fare riferimento anche all’ingente investimento di risorse economiche nel settore sanitario: la voce più alta del bilancio regionale! La sola Asp di Cosenza gestisce un bilancio annuo di oltre 750 milioni di euro! Ma, per come abbiamo denunciato altre volte su queste colonne, i mali che affliggono il servizio sanitario,- al di là e nonostante il deficit – derivano da: 1- mancanza del piano della salute promesso dalla precedente Giunta Loiero; 2-emigrazione di pazienti verso strutture d’eccellenza del Centro-Nord; 3- lunghe liste d’attesa per visite specialistiche ed accertamenti diagnostici (un solo esempio: a Cosenza per una colonscopia bisogna attendere 4/5 mesi, a Rende ancora più mesi perché nel locale del poliambulatorio ci piove…da oltre un anno e non si provvede); 4-scarsa o mancata utilizzazione di macchinari e strumentari costosi, che se funzionassero a pieno regime farebbero diminuire i tempi d’attesa e farebbero incassare milioni alle aziende; 5-confusione o mancata regolamentazione dell’Intramoenia (esercizio dell’attività professionale a pagamento dei sanitari dipendenti pubblici); 6-mancato potenziamento della medicina territoriale, con studi di medici di base attualmente aperti per poche ore al giorno, 7- ambulatori specialistici chiusi di pomeriggio e sabato mattina; 8- mancanza di controlli ispettivi periodici (la Regione ha chiuso da anni gli Uffici di ispezione e vigilanza su strutture pubbliche e private); 9- politici e gestori della sanità tollerano che i cittadini spesso paghino in proprio visite specialistiche e accertamenti diagnostici in studi privati di sanitari dipendenti di strutture pubbliche e/o di “luminari” provenienti da altre regioni; 10- reintroduzione dei ticket, aumentati d’importo, unitamente alle maggiorazioni Irpef, per visite e accertamenti vari; 11- mancanza di provvedimenti organizzativi per disincentivare il ricorso costante alla medicina privata e a pagamento. A tal proposito bisogna rilevare l’ingente spesa (sommersa) sostenuta dai cittadini nella medicina privata ed a pagamento, che se fosse quantizzata farebbe lievitare la già alta spesa della sanità calabrese. Una spesa sanitaria complessiva che – ripetiamo – discende da sprechi notevoli; senza controlli ispettivi in materia d’acquisto e consumo di beni e servizi, consulenze clientelari inutili, dispendiose ed illegittime decise anche da gestioni aziendali monocratiche (un uomo solo al comando!). In fatto di di consulenze milionarie, ogni tanto interviene la Corte dei Conti (negli anni scorsi i gestori e dirigenti delle due aziende cosentine hanno dovuto rimborsare il danno erariale di qualche centinaio di migliaia d’euro per consulenza illegittima ad un giovane giornalista esterno). L’ultima sentenza della Corte dei Conti riguarda sempre l’Asl di Cosenza. Tutto lo staff gestionale e dirigenziale direttore, ad iniziare dal direttore generale protempore D’Alessandro sono stati condannati a rimborsare danni da disservizio e da immagine, rispettivamente per 272mila più 272mila euro e 565mila euro il dirigente regionale del settore per mancato espletamento della campagna di screening per la diagnosi precoce dei tumori femminili e mancata o sottutilizzazione di apparecchi costosi come il mammotono.

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