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Sono tornati in carcere o agli arresti domiciliari o comunque sottoposti a misure cautelari in forma più affittiva, due imputati coinvolti nella maxi inchiesta antimafia battezzata «Nepetia», sfociata nel blitz del 20 dicembre 2007 per l’esecuzione di decine di fermi, e diretto dalla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro contro la criminalità organizzata del Tirreno cosentino, in particolare della zona di Amantea. A pronunciarsi definitivamente sulla materia cautelare nei confronti dei due uomini, tutti accusati di associazione di stampo mafioso ed altri reati fine, è stata la Corte di Cassazione, con provvedimenti che hanno riportato in carcere Luca Azzinaro, già condannato con rito abbreviato a 8 anni ed 8 mesi di reclusione; hanno ripristinato gli arresti domiciliari per Eugenio Gabriele, per il quale è in corso il processo dibattimentale davanti al tribunale di Paola. Dopo un susseguirsi di pronunce da parte di vari giudici, la Suprema corte ha messo la parola fine ai tentativi di far riottenere la libertà o comunque condizioni più favorevoli di restrizione ai tre imputati, respingendo i ricorsi presentati dai difensori (tra i quali gli avvocati Giuseppe Bruno, Sergio Rotundo), e confermando una volta per tutte le decisioni con cui sono state accolte le istanze della Procura antimafia. In particolare, riguarda Azzinaro il ripristino della custodia in carcere. L’uomo, come gli altri, era finito in stato di fermo con l’operazione «Nepetia», e poi era stato destinatario della conseguente ordinanza di custodia cautelare in carcere, in un primo momento confermata, e solo al termine dell’abbreviato sostituita con i domiciliari per via «dell’assoluta impossibilità della convivente di assistere il loro figlio infratreenne» durante l’attività lavorativa. Pronto il ricorso della Procura, basato sul fatto che la coppia non ha dimostrato le gravi circostanze che rendessero impossibile provvedere al minore, anche considerato l’esistenza di asili-nido dove poterlo lasciare mentre la madre lavorava. Una tesi accolta dai giudici catanzaresi ed anche dalla Cassazione. Riguarda Gabriele, invece, il ripristino degli arresti domiciliari. Anche nel caso di quest’ultimo, all’inizio il gip distrettuale aveva disposto la custodia in carcere, sostituita poi dai domiciliari per le asserite condizioni di salute dell’uomo, ritenute dalla difesa incompatibili con il regime inframurario.

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