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di ANTONELLA CIERVO
Ha un volto il presunto omicida che il 27 giugno scorso ha premuto il grilletto di una pistola 7,65 tre volte per uccidere Daniel Iliescu e Francesco Di Cuia in via Yuri Gagarin. In manette è finito Domenico Martino, 51 anni, titolare di una piccola impresa di pulizie che, secondo quanto emerso nel corso della conferenza stampa che si è svolta ieri, sarebbe l’uomo che, materialmente sparò quella sera, a pochi passi dalle giostre della Madonna della Bruna.
Il provvedimento è stato emesso dal gip di Matera Roberto Scillitani su richiesta del pm Annunziata Cazzetta.
La cattura di Martino, tre mesi dopo il duplice omicidio, chiarisce i contorni di una vicenda che, finora, sembrava legata agli ambienti della tossicodipendenza. All’origine del gesto, invece, c’è la pista passionale che avrebbe reso rivali in amore Domenico Martino e Daniel Iliescu.
Questi i fatti ricostruiti dagli investigatori: la sera del 27 giugno il giovane rumeno viene “convocato” da Martino in via Gagarin per un chiarimento. Il giovane, al quale il 51enne impone di interrompere la sua storia con la donna materana (già legata a Martino da una precedente relazione, ndr) si rifiuta e reagisce verbalmente. La lite, subito degenerata, fa perdere la testa all’uomo che spara il primo colpo a pochi centimetri dal viso di Iliescu, colpendolo a morte e per altre due volte si rivolge a Francesco Di Cuia colpevole, secondo quanto hanno accertato dalle indagini, di trovarsi nel momento sbagliato con le persone sbagliate. Un testimone scomodo da eliminare a tutti i costi.
Nella ricostruzione dei fatti il capitano Michele Basilio, comandante del Nucleo Investigativo, ha sottolineato lo straordinario lavoro del luogotenente Rubini e dei suoi uomini impegnati, dalla sera dell’omicidio, nel vaglio delle singole posizioni, delle testimonianze, dei tabulati telefonici e di ogni prova consentisse di ricostruire un quadro non semplice.
All’identificazione di Martino si è giunti dopo un attenta attività di investigazione in un contesto non semplice in cui l’omertà e i “non ricordo” erano diventati la versione più frequente per evitare coinvolgimenti. Resta in carcere a Melfi, intanto Hicham Maaouag, il marocchino 31enne fermato poche ore dopo il duplice omicidio la cui posizione verrà vagliata ancora una volta nelle prossime ore. L’accusa a suo carico, attualmente, è di duplice omicidio. Come è stato precisato nel corso della conferenza stampa al comando provinciale dei carabinieri di Matera, la sua versione dei fatti (che avrebbe subìto numerose versioni, ndr) non ha convinto il magistrato tanto è vero che dopo la conferma del fermo in seguito all’interrogatorio di garanzia, anche il Tribunale del Riesame si era pronunciato per la conferma della custodia cautelare in carcere, provvedimento confermato anche in seguito all’interrogatorio investigativo. Nessuna traccia, intanto, dell’arma del delitto della quale Domenico Martino potrebbe essersi liberato definitivamente. Impossibile, poi, effettuare la cosiddetta prova del guanto di paraffina. Le tracce di polvere da sparo, infatti, sono visibili solo nelle 4-6 ore successive al fatto.
Domenico Martino è stato bloccato dai carabinieri martedì sera verso mezzanotte, mentre si trovava alla guida della sua auto a Matera. Davanti ai militari ha negato ogni addebito dichiarandosi estraneo ai fatti.
Sull’operazione il comandante provinciale, colonnello Domenico Punzi ha sottolineato «Lo straordinario lavoro effettuato dagli uomini che hanno lavorato senza sosta in questi tre mesi, vagliando ogni elemento e conducendo l’indagine con un risultato che chiarisce i contorni dei fatti che condussero il 27 giugno scorso al duplice omicidio di via Gagarin». Gli ambienti della tossicodipendenza cittadina, ha aggiunto il capitano Basilio, hanno fatto solo da sfondo alla vicenda che, invece, ha avuto il suo drammatico epilogo solo nel contesto privato dei due uomini coinvolti, per i quali il rapporto con la donna aveva innescato una rivalità sfociata nell’omicidio. Oltre 30 testimonianze, mesi di conversazioni telefoniche, riscontri incrociati e ore ed ore di deposizioni in un clima di silenzio difficile da scardinare. E’ stato questo il contesto nel quale si sono mossi i militari e che ieri ha potuto finalmente assumere contorni più chiari.

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