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di LUCIA SERINO Non perde il buonumore il professore Vincenzo Pascali. Non si nega a telefono e non fa sconti al suo orgoglio: «Sono il migliore». Un luminare, dirà con parole antiche l’avvocato Marinelli. Andiamo subito per gerarchie. Quelle con i bottoni rossi, per iniziare. «La Chiesa?» Si fa una grossa risata quando gli si butta lì il chiacchiericcio sul collegamento tra l’Università Cattolica del Sacro Cuore dove è direttore dell’istituto di medicina legale e gli ambienti porporati. «Ma no – ride di gusto – anche questo si dice? Ma sa che ho fatto condannare un vescovo per violenza sessuale?».
Questo professore sembra essere lontanissimo dalle beghe di questura locali. Ma le censure che gli vengono mosse sono serie. Gliele leggiamo. Una per una. Le ascolta. Quella del consulente del pm Patrizia Stefanoni (è una poliziotta della Scientifica di Roma) e poi le acerbe dichiarazioni dell’avvocato dei Claps, Giuliana Scarpetta. «La perizia va rifatta, anzi fatta», sintetizza il legale. «Chi è Scarpetta?», ironizza con algido distacco. Si suppone che lo sappia.
Poi recupera gravità: «Sono un genetista, il mio laboratorio è tra i migliori d’Europa, cosa vuole che le dica, la mia strumentazione è inadeguata? Auguri a chi verrà dopo di me, non vedo l’ora di leggere quello che verrà scritto nella nuova perizia. Ma, poi, di che stiamo discutendo? A me, il giudice non ha mosso nessun rilievo». Il giudice è il Gip Attilio Orio che lo ha scelto e gli ha affidato l’incarico.
Insomma lo scontro – che di scontro si tratta anche se Pascali gioca in difesa e dice: io non attacco nessuno – non è tra il perito e il suo giudice ma tra due uffici e la scorta di investigatori a seguito. La Procura, con la perizia di Pascali, non ha aggiunto prove al quadro che già possiede. Il Dna di Restivo non è stato trovato. Ma insiste per trovarlo a ogni costo. Eppure «la prova del Dna a noi non serve» dice ripetutamente l’avvocato Scarpetta, «Abbiamo prove sufficienti», innanzitutto il taglio dei capelli così come ricostruito da un altro perito, il professore Introna. Andiamo per logica: il Dna non serve alla parte civile e dunque si presume all’accusa ma intanto si insiste a cercarlo. Tanto che la perizia che ne esclude le tracce sui reperti raccolti, viene liquidata come inattendibile e mal fatta. Tra l’altro nel nuovo incidente probatorio la Procura sollecita anche la presenza di un entomologo, cioè un esperto di insetti, «al fine di meglio differenziare le lesioni dovute a strumento tagliente da quelle potenzialmente attribuibili ad insetti». La questione sembrava chiusa con la perizia di Introna, che, grazie anche all’ausilio di un parrucchiere – aveva stabilito che le ciocche dei capelli di Elisa erano state tagliate di netto, circa trenta minuti dopo la morte di Elisa. (A proposito, ma cosa avrebbe fatto l’assassino in questa mezzora?)
E’ lapidario Pascali: «Io prove non ne fabbrico, o le trovo o non le fabbrico». La Stefanoni? «La Stefanoni ha lavorato nel mio stesso laboratorio in questi mesi. Non ho capito perchè i suoi dubbi li esplicita adesso. Insieme abbiamo scelto i reperti da esaminare, insieme abbiamo valutato, concordato e deciso ogni passo, mi meraviglio questo improvviso ripensamento». «Sa come si dice al mio paese? (Lizzanello, provincia di Lecce, ndr) , è come quanso si gioca – aggiunge con espressione sufficientemente esplicativa – «a fottere il compagno».
Più che amareggiato è perplesso. Ieri è rimasto tutta la giornata nel laboratorio del suo istituto. Non è proprio un signor nessuno. Consulente medico legale del caso Ilaria Alpi, tanto per esempio. E poichè ne ha viste tante ha il distacco dell’esperienza. E anche un po’ di cattedratica superiorità. Quando isolò il dna dal materasso e dallo strofinaccio trovati nella Chiesa, radunò le parti all’università e comunicò. La cosa, in verità, non piacque molto alla Procura di Salerno. Sembrò un po’ irrituale. Ma a lui non piacciono altre cose. All’Ansa detta una diplomatica disponibilità a discutere di ogni aspetto degli accertamenti che ha eseguito, se e quando il giudice competente glielo chiederà». Un modo per ribadire che risponde solo al Gip. E nell’incalzare del gioco delle parti – la Scarpetta ferocissima contro di lui, Marinelli che si dice sorpreso dei rilievi mossi al luminare – taglia corto sul quadro indiziario di questo processo, ma non quello delle prove a carico dell’indagato, gli indizi – piuttosto – di un grande ed evidente corto circuito, tra uffici giudiziari, periti di parte, consulenti e polizia. Si ricomincia daccapo, a cercare cosa? Tutti ti danno la stessa risposta: «A cercare la verità». Dunque, chi ha ucciso Elisa?

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