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di GIUSEPPE BALDESSARRO
A Reggio non servono 80 militari. Servono piuttosto 8 magistrati. E se proprio lo Stato volesse davvero incalzare la ’ndrangheta, allora a quegli 8 magistrati ci aggiungerebbe 8 cancellieri. Peraltro 16 è meno di 80, e anche in termini economici i costi sarebbero evidentemente inferiori. Certo l’impatto mediatico ne risentirebbe. Certo il Governo non potrebbe più dire che contro il crimine calabrese – che poi non agisce solo in Calabria – ci ha mandato «anche l’Esercito», e tuttavia scegliere i 16 invece degli 80 sarebbe più sensato. D’altra parte quello che serve alla giustizia reggina lo dicono gli stessi magistrati. Ovviamente, non se ne troverà uno che dirà apertamente che l’esercito è inutile. Sono sempre uomini dello Stato anche loro. Ma allo stesso tempo basta leggere le dichiarazioni fatte negli ultimi mesi. Da quelle del Procuratore generale Salvatore Di Landro, alle più recenti – solo di sabato scorso ospite di Fabio Fazio a “Che tempo che fa” – del procuratore della Repubblica, Giuseppe Pignatone. In mezzo, della questione hanno parlato il presidente del Tribunale Luciano Gerardis, la giunta esecutiva dell’Anm reggina e una mezza dozzina tra magistrati, sindacati di polizia e quant’altro. Facciamo un passo indietro. L’Esercito è stato richiesto dal Comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica all’indomani delle minacce, sotto forma di bazooka, a Pignatone. L’arrivo dei militari era però già stato ipotizzato dal governatore Giuseppe Scopelliti che aveva detto di averne parlato con il ministro Ignazio La Russa. I soldati servivano per proteggere tre “obiettivi”: la Procura generale, la Procura della Repubblica e la casa di Di Landro. Una necessità, definita tale per il fatto che la ’ndrangheta aveva iniziato a usare bombe. Insomma il clima si era fatto incandescente. Bene, a questo punto però bisogna prendere atto che le cose sono cambiate. Non sfugge la novità del pentimento di Antonino Lo Giudice, che si è accollato la responsabilità degli attentati. Dunque, almeno in linea teorica, il rischio sicurezza per le toghe dovrebbe essersi abbassato. Sarebbe sbagliato pensare che ora tutto è apposto, ma anche continuare a pensare che le cose non siano cambiate. Da qui per dire che la ragione di base per la quale “l’Esercito è indispensabile” non c’è più. Non citeremo tutti i magistrati che hanno spiegato che i militari non sono una priorità (vedi Nicola Gratteri e Di Landro), basta risentire quanto detto da Pignatone a Fazio: «Servono più uomini e mezzi per polizia, carabinieri e Guardia di Finanza». E ancora: «Manca un terzo dei magistrati e del personale». Due frasi estrapolate da un’analisi lucida fatta in poco più di dieci minuti, di fronte alla quale non c’è possibilità di equivoco. Se si vuole andare a fondo nella lotta alla criminalità organizzata servono risposte immediate da parte dello Stato. E tra queste l’Esercito non c’è. Viene in mente l’analisi fatta da un altro magistrato reggino noto per la sua correttezza istituzionale e per la sua prudenza. Si tratta del presidente del Tribunale Luciano Gerardis, il quale già un paio di mesi fa spiegò le condizioni in cui le toghe reggine sono costrette a lavorare. «Manca un terzo di tutto – disse – Un terzo dei giudici e un terzo del personale. E si tratta di numeri che fanno riferimento a una pianta organica del 2000». Ora 10 anni fa la situazione non era quella di oggi, e la ’ndrangheta era considerata ancora, erroneamente, un fenomeno “marginale”. Se non basta questo si aggiunga quanto affermato da Pignatone alla Commissione parlamentare antimafia alcune settimane addietro: «Abbiamo depositato al gip alcune richieste cautelari nei confronti di mafiosi, imprenditori e politici». Che l’ufficio Gip non riesca a smaltire la mole di lavoro prodotta dalla Procura non è un mistero. Già nell’ultima relazione per l’apertura dell’Anno Giudiziario si leggeva dell’ufficio Gip-Gup, come di «un collo di bottiglia». E non certo per pigrizia di chi ci lavora, che allo stato è costretto a usare le ferie per leggere fascicoli e scrivere sentenze. Insomma è questo il problema vero. E questo problema non si risolve con gli 80 militari, ma si inizia a risolvere con gli 8 magistrati e gli 8 cancellieri, che per inciso sarebbero comunque insufficienti. Pignatone da Fazio ha citato Padre Puglisi: «Lo Stato siamo noi e ognuno deve fare la sua parte. Se ognuno facesse la propria parte il mondo sarebbe diverso. Ciò vale per i magistrati, per i giornalisti, per la società civile, per gli imprenditori». È vero. Il richiamo vale per tutti, e ognuno ha il dovere di svolgere il proprio compito con serietà e rigore. Per questo gli 80 non servono. Per questo sono più utili in 16. L’Esercito non può essere usato per contrastare le commistioni, i colletti bianchi, i politici corrotti e gli imprenditori collusi. Per quello servono investigatori e inquirenti, quelli che lo Stato non ha ancora mandato a Reggio.

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