X
<
>

Condividi:
5 minuti per la lettura

di GIOVANNI SPADAFINO
Grassano è senza un Piano regolatore? Sembra proprio di sì. A denunciarlo è l’ingegnere Innocenzo Bronzino, tecnico grassanese che segue la vicenda da anni ed è stato autore di documenti propositivi in merito, presentati alle amministrazione che si sono succedute negli ultimi anni. Sulla questione lo abbiamo sentito, e lo stesso Bronzino è partito da un assunto storico. «Una volta, a Grassano, avvenivano fatti che, visti alla luce di quanto succede oggi, hanno dell’incredibile. Il caso del primo Regolamento edilizio di Grassano è emblematico. Correva l’anno 1882 e si era nel periodo successivo all’Unità d’Italia, quando a seguito delle trasformazioni sociali ed economiche, si prefigurava un tumultuoso sviluppo edilizio. Fu allora che la comunità grassanese, che contava ormai 5.262 abitanti, sotto la guida di una classe dirigente illuminata si preparò a governare in maniera adeguata l’espansione che ne sarebbe derivata. Era sindaco, Domenico Defelice, quando l’11 aprile del 1882 il consiglio comunale approvava all’unanimità il Regolamento Edilizio composto di 50 articoli che prevedeva, fra l’altro, un Piano di Ampliamento che servirà di unica guida pei nuovi fabbricati e strade interne (art.12) e controlli da parte dei membri della Commissione edilizia che hanno facoltà di osservare ed ispezionare i lavori in esecuzione per impedirne gli errori o abusi coi mezzi di repressione riportati dal Regolamento (art. 11) e degli agenti municipali che invigileranno l’esecuzione del progettato lavoro conforme alle prescrizioni del presente Regolamento, e, qualora, durante l’esecuzione il progetto venisse alterato, procederanno a contravvenzione (art. 20). Il mese successivo -racconta Bronzino- il 30 maggio, la Deputazione provinciale di Potenza ne concedeva l’approvazione. E pochi giorni dopo, il 3 giugno 1882, il ministro dei Lavori pubblici lo omologava a senso di legge; insomma in meno di due mesi, senza i mezzi di comunicazione e le risorse di oggi, la comunità di Grassano riuscì a dotarsi di uno strumento agile ed efficace, condiviso da tutti, che fece di Grassano un centro all’avanguardia nella gestione dell’attività edilizia. Fu allora che si impostò il paese sotto corso Umberto, negli orti dei Materi, e si realizzò, un tessuto urbano armonico e rigoroso, con i filari delle casedde in pendenza e le stecche dei lamioni in piano». Ritornando ad oggi, Bronzino asserisce che «la questione del RU parte addirittura dal 1999, quando la Regione varò la legge 23, che rese obbligatorio per tutti i Comuni l’adozione del RU e del RE. Finalmente, il 14 novembre 2002 (centoventi anni dopo Defelice), sindaco Pietro Calciano, si riuscì a mettere insieme un gruppo di giovani e inesperti professionisti da affiancare al capogruppo Rota. Dopo tre anni, era sindaco Nicola Bonelli, il 13 luglio 2005, si tenne la Conferenza di Pianificazione che praticamente bocciò il lavoro prodotto. L’anno dopo, sempre sindaco Nicola Bonelli, il 20 dicembre 2006, il consiglio comunale adottava il RU con 9 voti favorevoli e 8 contrari (in rappresentanza dei due terzi della popolazione). Ancora un anno dopo, sindaco Vito Magnante, il 20 dicembre 2007 il RU veniva approvato dal consiglio comunale, “conferendo all’Ufficio Tecnico Comunale di dar seguito ad ogni adempimento occorrente.”. Campa cavallo! Ad oggi, e sono trascorsi ancora tre anni, il RU giace nei labirinti della burocrazia». E Bronzino riflette e si domanda: «Allora, a un sindaco bastavano poche settimane, ora non bastano otto anni e tre sindaci. Che fine ha fatto questo Regolamento Urbanistico di Grassano? Quando sarà definitivamente approvato? Di ufficiale non si sa nulla. Qualcuno dice che manca il Piano di Protezione Civile. Ma quanto tempo ci vuole per fare questo Piano? Chi lo deve fare? Non si poteva fare prima? Nessuno sapeva che era necessario? Lo staff di progettazione, l’Ufficio tecnico, la conferenza di pianificazione o qualche amministratore poteva (doveva) saperlo? Invece, nessuno ci ha pensato oppure erano tutti ignoranti (nel senso che ignoravano). E i termini perentori? Così questo Regolamento Urbanistico è di là da venire. Forse è meglio che non arrivi più. Tanto era uno strumento già scaduto in partenza, quando fu adottato, figurarsi ora». Sempre secondo Bronzino, questo Regolamento si basa su basi non vere, «il numero di abitanti (5.792) è quello del 2001 e non quello (molto inferiore) aggiornato al 2006, mentre la previsione per i prossimi 10 anni è di oltre 6.000 unità. Una previsione superficiale e cervellotica, che non sta, né in cielo né in terra, specie se si analizza la composizione della popolazione per fasce di età ed effettiva residenza. Se tutto va bene, fra dieci anni a Grassano saremo in 4000-4.500. Si prevedono scuole per alunni che già non ci sono, aree edificabili irrealizzabili e fantasiose (una stecca in viale della Rimembranza sul sito della casa ospitale e della Madonnina); una strada impercorribile (15% di pendenza) di raccordo a Serra Martello; la conferma del vincolo (che dura inattuato dal 1988!) per l’esproprio di alcune case per fare parcheggi che non si sono fatti in 20 anni e non si faranno mai. Insomma, uno strumento non solo inutile ma dannos». Secondo Bronzino, insomma, si è perso tempo, e sentenzia: «Alla fine saremo l’unico Comune senza RU, ma anche l’unico Comune che ha il Catasto dei segnali stradali. Pensate un po’ si sono accatastati i segnali e non i fabbricati. Bronzino chiude con una considerazione: «Bisogna ammettere che, per noi, tutti i documenti di programmazione si fanno non perché ci si crede e devono servire da unica guida (come recitava il primo Regolamento), ma perché vengono imposti per legge. Una volta fatti, poi si va avanti a colpi di varianti, concessioni in deroga, variazioni di bilancio, pagamenti fuori bilancio, interpretazioni le più ardite per accomodare l’impossibile. Naturalmente a beneficio di pochi. Così si assiste alla regolarizzazione di situazioni molto complicate: ricostruzioni camuffate da ristrutturazioni, costruzioni che moltiplicano superficie e numero di piani, concessioni rilasciate senza la prescritta perequazione, vani scala e piani attici (interpretati come tettoie) che non fanno cubatura. Anche per i piani di lottizzazione vale lo stesso discorso. Si approvano, con la convenzione e le fideiussioni, ma poi si realizzano in maniera diversa e, con le convenzioni disattese e le fideiussioni scadute, le opere di urbanizzazione restano un sogno. Cosa ci rimane? Il disordine urbanistico, architettonico e amministrativo».

Condividi:

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

EDICOLA DIGITALE