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di Don ENNIO STAMILE*
Da più di un mese, ormai, chi si predispone ad ascoltare i telegiornali è costretto, suo malgrado, ad assistere a ciò che i media nazionali hanno trasformato in una sorta di giallo a puntate: il caso Sarah Scazzi. Chi intende usufruire del servizio di informazione pubblica vuole innanzitutto essere informato sui fatti che abbiano rilevanza sociale. Tra questi, direi che la cronaca nera ne ha (o ne dovrebbe avere) ben poca. C’è da chiedersi, allora, come mai i nostri Tg dedicano tanto tempo a quest’ultima? Mi vado sempre più convincendo che suscitare curiosità, associazioni emotive e commozione sta diventando uno degli scopi principali dei Tg. I fatti di cronaca, specie se si tratta di delitti contro bambini, si prestano a questo scopo. Penso abbia ragione Antonella Randazzo, autrice tra l’altro del volume “Dittature: la storia occulta”, quando afferma che «si tratta di un modo per distrarre l’attenzione pubblica da altri fatti assai più importanti per la vita dei cittadini. In altre parole, vengono amplificate notizie (di solito di cronaca o relative ad uno specifico problema) che non mettono in pericolo il sistema, per evitare di trattare altri argomenti “scottanti” e pericolosi per l’assetto che i politici hanno il compito di proteggere». La triste vicenda della giovane Sarah è quanto mai emblematico in tal senso. Anzi, è già diventato un caso di sovrainformazione, cioè se ne parla in molti programmi e contemporaneamente. Per non parlare poi di Facebook dove chissà come sono finite le foto del suo ritrovamento dopo il barbaro assassinio. Due giorni fa se avessi premuto il link per accedere alle foto sarei stato il visitatore n. 350.000. La maggior parte di questi, purtroppo, tutti adolescenti o quasi. Per non parlare, poi, di quella sorta di “pellegrinaggio” – così è stato definito – per visitare la casa della giovane o dello zio reo confesso. Intere famiglie si sono recate in quei luoghi. Nessuno si accorge che a Sarah stanno usando violenza anche da morta. Mi chiedo dove sia finito il sentimento di pietà o quella autentica solidarietà umana che, come ci ha insegnato Giovanni Paolo II nella Sollecitudo rei socilias, «non è un pio sentimento per i mali vicini o lontani ma la determinazione ferma e perseverante di impegnarsi per il bene comune». Insomma, anche grazie a quest’opera altamente diseducativa della Tv spazzatura, ed in questa metto anche i Tg ci stiamo sempre più diseducando a quei valori alti che contraddistinguono la nostra civiltà soprattutto europea. Che dire di quelle questioni spinose come la malasanità o il costo pubblico di aziende privatizzate che vengono trattate come se il problema non fosse risolvibile e senza una sufficiente documentazione? La povertà o la precarietà lavorativa sono diventate nei telegiornali o nelle rubriche di approfondimento quasi come se fossero una specie di calamità naturale. Non si parla quasi mai dei cosiddetti. conflitti dimenticati, di quanti paesi, cioè, nel mondo vivono il grave problema della guerra e di quanti morti e profughi essa produce. Come dar torto, allora, a Giovanni Sartori che annota: «Sostenere che la cittadinanza dell’era elettronica è caratterizzata dalla possibilità di accedere a infinite informazioni… sarebbe come dire che la cittadinanza nel capitalismo consente a tutti di diventare capitalisti. È vero che un’immagine può valere più di mille parole. Ma è ancor più vero che un milione di immagini non danno un solo concetto». I telegiornali, insomma, sono ormai rotocalchi di una realtà che non è quella in cui viviamo. Sono sempre più orientati allo spettacolo, all’appiattimento e alla banalità. Come in un circo, ognuno fa il suo numero, con l’obiettivo di emozionare, catturare l’attenzione, intrattenere e persino fare divertire. Mentre gli eventi occultati diventano sempre più inaccettabili: quei due terzi del mondo ridotti in estrema miseria, quei milioni di bambini che per mangiare devono cercare nella spazzatura, il Meridione sempre più soggetto al potere mafioso implacabile e crudele. E’ pur vero che ci sono i segni di speranza, qualche pentito che inizia a collaborare. Ma è solo l’inizio. Non bastano i “bei soldatini” sulle strade di Reggio, occorre che finiscano le “processioni” dei politici prima delle elezioni nei “santuari” dei capi ‘ndrine per chiedere voti o appoggi politici, o quelle verso gli episcopi e le parrocchie e non per confessarsi, purtroppo, ma sempre per lo stesso motivo: chiedere voti. Insomma, occorrono politici più liberi, ed una Chiesa più profetica…

* delegato regionale Caritas

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