X
<
>

Condividi:
1 minuto per la lettura

I testimoni di giustizia Francesca Franzè e Pino Grasso, marito e moglie, protestano da stamattina, davanti alla prefettura di Vibo Valentia: «Non mi muoverò da qui – ha affermato la donna – sino a quando non otterrò quello che mi spetta. Mi hanno bloccato le spettanze da luglio dicendo che io e mio marito siamo vittime solo di un episodio di usura e non di estorsione, quando la settimana scorsa i giudici di appello di Catanzaro hanno confermato le condanne per i due reati a tre imputati in uno dei tronconi del processo ‘Odisseà, grazie alle nostre testimonianze. Voglio sapere perchè per i giudici siamo credibili e per la prefettura, lo Stato, no».
«Siamo decisi a non andare ai processi – ha aggiunto Francesca Franzè – sino a quando non scenderà qualcuno da Roma per rendersi conto di quello che sta succedendo qui da noi». La donna, dopo aver ricordato la vicenda della testimone di giustizia Lea Garofalo sciolta nell’acido, critica la Prefettura «per aver ridotto la scorta al marito, al quale non è stata più concessa la macchina blindata ma solo la scorta su una macchina normale con due uomini». «Così facendo – sostiene Francesca Franzè – si mette a rischio non soltanto la vita di mio marito ma anche quella di due ragazzi».
Rivolgendosi al prefetto Luisa Latella, la donna chiede «Che diritto ha lei di mettere a rischio la vita umana? Dove sono andati a finire i fondi antiracket? Io voglio solo lavorare. Ho aperto una nuova società e ho diritto ad un contributo che non mi hanno dato».

Condividi:

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

EDICOLA DIGITALE