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di LEO AMATO
MELFI – Lo hanno trovato nell’auto, il corpo pulito senza tracce evidenti di violenza. Per conoscere la causa del decesso bisognerà aspettare l’esito dell’autopsia che è stata disposta dal pm Sofia Anfossi della procura della Repubblica di Melfi, ma la versione ufficiale per il momento è che ci siano elementi sufficienti per parlare di un’incidente. Verso le 13.45 di ieri i carabinieri della compagnia di Melfi avevano già convocato diverse persone in caserma, quando è stata avvistata l’auto di Antonio Cacalano nella scarpata sotto via Mulini. È probabile che qualcuno sia stato anche sentito, esponenti del vecchio clan Delli Gatti, come è la prassi in questi casi quando a sparire è una persona considerata vicina a uno dei due gruppi, che da vent’anni si vanno combattendo per le strade del Vulture Melfese. Cacalano era agli arresti domiciliari per violenza contro un’assistente sociale a cui aveva chiesto la proroga del sussidio del Comune per le situazioni di particolare disagio. Dopo alcuni errori in gioventù si era trasferito fuori regione, ed era tornato a Melfi per curarsi da una grave insufficienza renale che lo costringeva a sessioni di dialisi a Rionero ogni due giorni. Alla fine si metteva in macchina e guidava stremato fino a casa percorrendo un tratto della Potenza-Melfi, e poi la strada attorno alle mura antiche, per evitare il traffico, e arrivare dalle parti del castello dove abitava. Il parcheggio dell’ospedale di Rionero è l’ultimo posto dov’è stato visto alle 12.15 di martedì. Si pensa che abbia avuto un malore al volante e abbia perso subito conoscenza, perchè arrivata in via Mulini la macchina sarebbe andata dritta in una curva senza lasciare segni evidenti di frenata sull’asfalto, a velocità molto bassa precipitando senza slancio nella scarpata, in perpendicolare col muso verso il basso, per poi capovolgersi su un fianco. I familiari sono accorsi subito sul posto, e hanno accusato il Comune e la Provincia per la manutenzione della strada e la mancanza dei guard rail lungo i bordi, che avrebbero potuto fermare l’auto ormai senza controllo. Resta soltanto una stranezza che non si riesce a spiegare, ovvero come è stato possibile che nessuno per quattro giorni non si sia accorto della presenza dell’auto in una zona dove ogni giorno vengono effettuate operazioni di carico e scarico merci. Per questo nei prossimi giorni proseguiranno gli accertamenti degli investigatori e non è escluso che venga fatta anche una perizia sulle condizioni meccaniche dell’auto. Sul posto sono intervenuti anche specialisti della scientifica. Cacalano nello scorso mese di dicembre era stato prosciolto dall’accusa di associazione mafiosa col fratello, e gli altri del clan Cassotta, “quelli del castello” come vengono chiamati. Ma per la Direzione distrettuale antimafia era ancora un attivo della “famiglia”, e nel periodo caldo della faida avrebbe avuto il compito di accompagnare alcuni killer calabresi al cospetto del fratello del boss rivale. Mentre più di recente si sarebbe limitato alle “pubbliche relazioni” con personaggi conosciuti in ambiente carcerario. Per questo da Potenza ieri pomeriggio sono arrivati i rinforzi delle forze dell’ordine. I sospetti si alimentano col clima di tensione che si respira da quando hanno iniziato a collaborare con la giustizia due pentiti della vecchia “famiglia basilisca”: il braccio destro del boss dei Cassotta e il potentino Antonio Cossidente. Entrambi personaggi di primo piano. I segreti di Antonio Cacalano non verranno mai svelati.

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