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di SARA LORUSSO
DUE anni fa lo slogan dell’Onda suonava “né rossi, né neri”. Quel ritornello, ribadito più e più volte nei cortei, consegnava a chi guardava quei ragazzi scendere in piazza contro la riforma della scuola e dell’università, anche in migliaia, un’immagine di unitarietà del movimento. Stavano nella strada e dietro agli striscioni ragazzi di sinistra, ragazzi di destra, ragazzi che alla politica proprio non avevano intenzione di avvicinarsi. Due anni dopo quell’unità non è più così totale, le manifestazioni prendono strade diverse e per la prima volta, almeno a Potenza, la destra si afferma con forza. Non sembrava potesse accadere che al liceo scientifico Galilei, la metà delle rappresentanze toccasse a quel fronte. Nell’istituto più popoloso, da sempre microcosmo rispetto alla città, tradizionalmente “rosso”, la destra si afferma e guida la mobilitazione. Quella è la scuola che ha prodotto quadri di partito della sinistra, uomini dei movimenti più radicali, delle lotte proletarie, quella è la scuola che a Potenza, nel 2000 fu simbolicamente occupata dai docenti in protesta contro il concorsaccio di Berlinguer. Per questo fa più rumore se la destra ottiene tanto consenso tra quelle classi. Ma c’è qualcosa in più. E’ cambiato, per il movimento dei ragazzi medi, il contesto: quelli attivi, da sinistra, lamentano una scarsa partecipazione della massa, denunciano una ridotta consapevolezza politica, rimproverano gli adulti di non essere più decisivi punti di riferimento. Cambia anche l’approccio: al proprio interno, i ragazzi di sinistra vivono la partecipazione con modalità diverse, tra chi recupera il conflitto con la destra (decisamente più capace, in questo momento, di esprimere leadership sul gruppo) e chi, invece, apre al dialogo per il bene superiore della scuola. Ma cambia anche la percezione che molti studenti hanno delle scuole cittadine: più partecipazione che nel passato negli istituti professionali, il liceo classico meno chiuso e più popolare, il pedagogico che torna in piazza. Sono passati due anni da quando Potenza diventava un piccolo caso nazionale, tanto da meritarsi pure la ribalta della stampa romana: mentre nel Paese la mobilitazione dell’Onda nasceva negli atenei, nel capoluogo lucano erano gli studenti delle scuole superiori a riempire le strade, con cortei, per giorni e giorni di fila, domenica compresa («così non dicono che è per fare festa», dicevano). Da allora, alcuni giovani leader sono diventati universitari, altri si sono imposti. Da allora è nata a Potenza la Rete, il sindacato a partitico, ma chiaramente «antifascista», e per un po’ è esistito Blocco, poi sciolto per motivi «interni». Un anno in cui il movimento ha rallentato la mobilitazione, bastato, però, per cambiare profondamente. Un po’ più diviso, meno affollato, ma per chi ne fa parte, la speranza è che sia per scelta e consapevolezza.
s.lorusso@luedi.it

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