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PIETRO MANCINI

A molti italiani, specie a quelli non più giovani, le vicende politico – sentimentali del premier e il suo inesorabile declino ricordano la trama del film “Gli ultimi giorni di Pompei”, diretto, da par suo, nel 1959, da Sergio Leone. A chi scrive, in queste giornate, a volte drammatiche, più spesso comiche (a quanti lettori Silvio – che ha definito “ la nipote di Mubarak “ l’ avvenente marocchina Ruby – non ha ricordato Totò, che provava a vendere il Colosseo a un credulone turista americano?), è tornata alla memoria la fase finale della lunga (1976 – ‘ 93 ) egemonia, nel Psi e nei governi del Caf, di Craxi. Ovviamente, auguriamo a Berlusconi di uscire dalla scena centrale del teatrino politico, che occupa dal lontano 1994, valutando serenamente il quadro, le prospettive e la scelta di un eventuale passo indietro, da decidere autonomamente, ma da lui ieri escluso, e non sotto l’incalzare delle pressioni esterne e la gragnuola di colpi, ogni giorno più pesanti. Insomma, in maniera dignitosa, più serena e meno tragica rispetto all’amico e leader socialista. Ma, purtroppo, come Bettino, Silvio è circondato da quelli che non Travaglio o Santoro, ma il craxiano Facci, su ” Libero “, ha definito “soldatini imbarazzanti”. E per contribuire a elevare un politico al rango di statista e un partito in una grande e longeva formazione politica – ricca di ideali e di progetti per il Paese e non piena di arrivisti senza scrupoli – i leader dovrebbero fare quello che né Berlusconi, oggi, né Craxi, in passato, hanno voluto o saputo fare : selezionare, con scrupolo, equilibrio e rigore, una classe dirigente, preparata, onesta e seria. E premiarne le qualità e i meriti, ma non sulla base dell’obbedienza, cieca e assoluta, ai desideri e agli ordini dei capi. Gli yes-men, al centro e nelle regioni, non esclusa la Calabria, promossi al rango di capataz del Pdl sono personaggi che, nei loro partiti di provenienza, erano considerati le riserve delle riserve. E, obiettivamente, si può pensare che costoro, impegnati a sgomitare per conquistare ambite poltrone, o qualche ricca consulenza, per loro, per i loro clienti o per i loro parenti, parlino al premier, sinceramente, con il linguaggio della franchezza? E lo avvertano che la sua ” pubblica rivendicazione – come ha osservato Sergio Romano sul ” Corriere della sera ” – sta divertendo il mondo, riaccendendo tutti i più triti pregiudizi sul carattere degli italiani ” ? E, soprattutto, questo ” cupio dissolvi ” del dottore di Arcore sta oscurando quello che di buono, in primis nella delicata congiuntura economica, l’esecutivo, grazie all’abile Tremonti, ha realizzato. Riuscirà, il Cavaliere, ad avere il coraggio e la forza politica di cambiare i collaboratori, al governo e nel Pdl, e di parlare, in primo luogo, alla cosiddetta maggioranza silenziosa, ai moderati, ai tanti ex elettori della Dc e del Psi, che lo hanno portato, con i loro voti, per 3 volte, negli ultimi 15 anni, alla guida dell’esecutivo ? E’ difficile scommettere sulla volontà berlusconiana di imprimere una svolta e di sfidare, con forza, i suoi tanti avversari e, nel contempo, di smetterla di concorrere, egli stesso, con i suoi errori e le sue scelte discutibili, alla violenta campagna di delegittimazione in corso. Paradossalmente, proprio la diciottenne Ruby – che, dopo la famosa notte del 27 maggio, in questura, è stata interrogata 23 volte dai magistrati milanesi (” Mi hanno chiesto solo di Silvio! ) – ha rivolto un consiglio di buon senso al suo benefattore : “Lui è un’ istituzione, dovrebbe comportarsi di conseguenza. I” casini “, come quelli con Noemi Letizia, di Casoria, e con la D’ Addario, di Bari, Silvio se li è andati a cercare ! “. E le nuove testimonianze delle escort ai magistrati di Palermo, che hanno raccontato di prestazioni sessuali, che sarebbero state pagate, profumatamente, dal presidente del Consiglio? Ne scaturisce il ritratto di un attempato signore di 74 anni, fondamentalmente solo, che cerca di mantenere l’impegno assunto, alcuni decenni fa, con il suo amico e grande playboy, il noto ” amateur “, Pirodddi, al quale il Cavaliere confessò : “Il denaro, i mega-affari e il potere? Certo, caro Beppe, sono importanti, ma per me contano, in quanto mi permettono di competere con te e i tuoi colleghi nella conquista delle più belle donne del mondo”. Possiamo, dunque, stupirci, o indignarci, quando Berlusconi – che ieri ha parlato della costruzione, allo scopo di eliminarlo, di una ” fabbrica del fango ” – ammette di essere più attratto dalle ragazze avvenenti che dai gay? Intendiamoci: Bersani è liberissimo, come tutti gli italiani, di avere i propri gusti, personali, in materia di rapporti con le donne, che la maggioranza dei nostri concittadini preferisce a quelli, altrettanto legittimi, con i prestanti giovanotti, come il compagno di Vendola, o con i transessuali, amati da Marrazzo (Pd ). E il segretario del Pd è altrettanto padrone di preferire il fascino, maturo, di Rosy Bindi a quello di Mara Carfagna. Ma perché, ogni volta che Silvio Berlusconi ha a che fare, esagerando, ma senza commettere reati – al limite, qualche dannosa imprudenza e qualche deplorevole eccesso, da evitare – con le belle e giovani signore, Bersani e Di Pietro chiedono le sue dimissioni ? Mentre, quando si scoprirono i lunghi e costosi rapporti tra l’ex governatore del Lazio e alcuni maturi e volgari trans, il successore di Veltroni, Franceschini, dichiarò che Piero Marrazzo non avrebbe dovuto lasciare la poltrona. E l’attuale numero uno del Pd difese, a Bari, l’ex assessore dalemiano della giunta Vendola, Frisullo (escort gratis in cambio di appaltoni sanitari) e a Bologna il prodiano Delbono (la segretaria – amante, in viaggio alle Seychelles, a spese di ” mamma Regione ” rossa ). Esponenti progressisti che, a differenza dell’ultramiliardario Cavaliere – elemento ritenuto non irrilevante dagli italiani – hanno fatto gravare le megaspese delle loro avventure galanti sulle tasche dei contribuenti. L’auspicio, dunque, è che gli avversari di Berlusconi lo sfidino, e ne chiedano le dimissioni – come hanno annunciato – non in occasione dei processi, come quello organizzato, nella serata di ieri nello studio televisivo di Santoro, ma in Parlamento. O nelle piazze, se Napolitano – che opportunamente ha sollecitato ai duellanti una tregua – scioglierà le Camere, sui temi concreti, che angustiano milioni di italiani, mettendo fine a questa continua e sciagurata confusione tra vicende pubbliche e fatti privati. L’ opposizione si rafforzerebbe e guadagnarebbe consensi nel Paese, qualora rinunciasse a cavalcare i pettegolezzi e gli agguati mediatici come, certamente, non avrebbero fatto i due ” padri ” politici di Bersani e Fini, Berlinguer ed Almirante. E la funzione del cosiddetto ” quarto potere” ? ” E’ la stampa, bellezza! “. I mass media fanno inchieste, rivelano fatti e circostanze, esercitando il loro ruolo. Anche se Rondolino, l’ex portavoce di D’Alema, a Palazzo Chigi, ha accusato, non senza qualche fondamento, molte toghe e i giornali più duri con il fondatore del Pdl di dar vita a una spietata “caccia all’ uomo”, come quella scatenata, nei primi anni ’90, contro il “cinghialone” Bettino. Ma i partiti, in primis quelli di opposizione, se intendono contribuire ad arrestare la sfiducia della gente nella politica, nel governo e nel Parlamento, devono condurre le loro battaglie in autonomia, senza farsi dettare la linea dagli editorialisti e dalle trasmissioni televisive più faziose. E rinunciando a trasformare in icone, dopo la D’Addario, la furba marocchina Ruby e la emiliana, “pentita”, Nadia Macrì.

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