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di LEO AMATO Non sarà una bomba ecologica, ma poco ci manca. Merito della natura, i boschi tutt’attorno, e la pioggia di questi giorni che ha lavato via anche gli odori, rendendo solo l’essenza della terra e delle foglie che iniziano a marcire ai bordi della strada.
Vista da vicino la “stazione di trasferenza” di contrada AIa dei Monaci di Tito assomiglia più a una discarica, che a un sito di stoccaggio provvisorio.
È qui che da diverse settimane si vanno accumulando i rifiuti che Matera ha rimandato indietro, più quelli che i tricaricesi non hanno voluto: una montagna alta cinque metri governata a malapena da due ruspe cingolate, che la massaggiano in continuazione passandoci e ripassandoci sopra, cercando di abbassarla per quanto si può. Da fuori c’è una fitta schiera di abeti, che nasconde la scena allo sguardo di chi si trovi a passare per caso per la stradina comunale della Montagna, quella che incrocia la Tito-Picerno-Pignola in contrada Petrucco a due passi dalle sponde del Pantano. Ma ormai il cocuzzolo si vede bene anche dalla collina di fronte, e affianco i bordi delle vasche della vecchia discarica ricoperti di pvc.
È lì che andrebbero a finire 30mila tonnellate di “compost grigio”, un prodotto che di norma si ottiene dalla stabilizzazione del rifiuto solido urbano indifferenziato, utilizzato proprio per la copertura di discariche esaurite e i ripristini ambientali ben lontani da filiere alimentari.
La proposta, che è stata rilanciata negli giorni scorsi anche dall’assessore regionale all’ambiente Agatino Mancusi, è della società titolare dell’impianto, B&B Eco srl (sempre di Tito), che ora ha da gestire una bella grana. Tra gli amministratori spicca il nome di Giovanni Agoglia, già titolare di Ageco srl che è la società che gestisce la raccolta differenziata nel capoluogo, grazie a un impianto poco distante per “la cernita e nobilitazione dei rifiuti” capace di trattarne anche 15/20 tonnellate l’ora.
È difficile calcolare quanta sia davvero l’immondizia “tale e quale”, ossia del tutto indifferenziata, che è stoccata nel piazzale davanti a un capannone che dalle foto sembrerebbe quasi sommerso da tanta mole. L’accesso è autorizzato solo agli addetti ai lavori.
Peraltro le immagini non riescono a chiarire nemmeno se esistano misure per il contenimento dei liquami di percolato che sono il prodotto inevitabile di una massa simile in fermentazione. L’impianto è collocato su un pendio, e a valle scorre un torrente che si perde nell’orizzonte dove si intravedono le prime case. Ci sono i panni stesi di una famiglia qualche centinaio di metri più in là. Un quadretto quasi bucolico, se non fosse per la “modernità” che incombe minacciosa.
Se si considera quanto sarebbe stato destinato alla discarica di Matera e a quella di Tito una cifra per tutta quella monnezza potrebbe avvicinarsi alle 10mila tonnellate.
Triturate e vagliate con una griglia a maglie larghe; separato il “sopravaglio” da spedire in un termovalorizzatore; preso il “sottovaglio” che è la frazione organica, e stabilizzato come per il compost di qualità ma con un ciclo che necessita un terzo del tempo; poi rivagliato separando il “sottovaglio” che è il “compost grigio”, dal “sopravaglio” da spedire in un altro termovalorizzatore, la quantità presente potrebbe ridursi fino a due terzi. Ma per la “sagomatura” delle vasche del vecchio impianto ne occorrerebbero 30mila, quindi chissà che la reale prospettiva non sia piuttosto un reimpegno a medio-lungo termine dell’impianto. Solo che per fare questo occorrerebbe rinnovare l’ordinanza del Presidente della Giunta regionale che lo scorso 28 maggio aveva autorizzato la riattivazione dell’impianto di Tito come “stazione di trasferenza”. In media oggigiorno sarebbero una trentina i compattatori che arrivano dai 26 comuni del bacino Potenza-centro. Molti di meno quelli che ripartono diretti alle discariche di Tricarico e Lauria, e si sa che i rifiuti si possono ridurre di volume ma fino a un certo punto.
Secondo il piano originale il 30 novembre l’impianto avrebbe dovuto terminare l’attività, per far posto all’entrata in funzione della stazione di trasferenza di Trivigno, che per ora è rimasta solo sulla carta. Mancano meno di venti giorni, e solo l’idea di far sparire una “montagna” in contrada Aia dei Monaci fa più ridere che altro.

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