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di Francesco Bochicchio
LA DESTRA italiana, oramai allo sbando, nel momento in cui si è rotta la propria maggioranza ha scoperto le regole. Si, è proprio vero, la destra italiana, antidemocratica, illiberale, ha finalmente scoperto, folgorata sulla via per Damasco, le regole. Non è mai troppo tardi! Ma quali sono le regole individuate con il concorso alacre dei “liberali realisti”, ovviamente liberali a corrente alterna? Tre sono le regole scoperte: la prima, elaborata già agli albori della crisi, è che, in un sistema maggioritario la crisi di governo comporta l’obbligo di elezioni e non si può fare un governo alternativo, neppure per cambiare la legge elettorale. E’ una regola che si fonda su un equivoco, il collegamento tra regime elettorale e forma di governo è di fatto e non di diritto, e con un sistema maggioritario non si è al di fuori di una forma parlamentare. Il regime maggioritario non comporta, in alcun modo, vincolo di mandato tra elettori e eletti e quindi possibilità di revoca dei secondi da parte dei primi. Dileguatasi questa regola, fondata saldamente sulla sabbia, ne sono prontamente individuate altre due. In primo luogo, la posizione politica di Gianfranco Fini, “leader” di una forza politica del centro-destra in via di rottura con il Governo e con Berlusconi, viene valutata quale incompatibile con quella di Presidente della Camera: non si comprende dove venga ravvisata la fonte di tale incompatibilità. Il Presidente della Camera viene votato a maggioranza semplice ed è quindi una nomina prettamente politica, di maggioranza, senza che siano quindi richiesti requisiti di “super partes”: l’imparzialità dello svolgimento dell’incarico, per assicurare regolarità di svolgimento dei lavori della Camera, e la tutela dei diritti-poteri della maggioranza e dei diritti della minoranza, attiene al piano comportamentale e non incide sulla nomina politica e di maggioranza; è quindi del tutto legale e corretto che la carica sia affidata a uomo politico di primo livello, come del resto sempre accaduto. Tra l’altro, Fini, precedentemente, era il numero due del Popolo delle Libertà e non si comprende quale differenza vi sia tra essere il numero due del partito di maggioranza ed essere il numero uno di un partito di secondo livello. Né si può sostenere che Fini sta svolgendo un ruolo politico attivo, atto a sostituire il Governo Berlusconi o comunque a metterlo in difficoltà. Un uomo politico di primo piano non può non svolgere un ruolo di primo piano, l’importante è che non lo svolga in Parlamento, alterando i lavori parlamentari. Nella Presidenza della Camera in Fini non vi è nulla di anomalo: la vera ragione del fuoco di fila dei berlusconiani e dei “liberali realisti” (tra questi Angelo Panebianco) é che Fini adesso non è più organico alla maggioranza che lo ha eletto; ma il vincolo di mandato non sussiste per nessuno dei Parlamentari e nemmeno per il Presidente della Camera (e stesso discorso varrebbe per il Presidente del Senato). In secondo luogo, sotto tiro è il Presidente della Repubblica, che si vuole porre sotto pressione per indurlo, in caso di caduta del governo Berlusconi, a sciogliere le Camere ed indire le elezioni. Napolitano sta assolvendo al suo ruolo di garanzia istituzionale con grande imparzialità (al limite, come ritiene più di qualcuno, come chi scrive, con una certa timidezza nei confronti dei continui strappi di Berlusconi, e ciò per prudenza, e quindi non sono giustificate le offese a Napolitano mosse talvolta da Di Pietro) con pungolo alle forze politiche, soprattutto di maggioranza, ma anche di minoranza, quale “magistrato di influenza e di persuasione”, definizione aderente proprio al profilo proprio del Capo dello Stato. Ebbene, adesso si sta sferrando un’offensiva nei confronti di Napolitano, il quale ha evidenziato che il rigore finanziario non può tradursi in tagli indiscriminati, risultando necessaria una selezione ragionata. Si tratta di pungolo critico, che ha fatto infuriare la maggioranza con i suoi sostenitori, maggioranza che si è sempre vantata di un rigore finanziario, che invece non è nient’altro che una serie di tagli indiscriminati. Ma, quale che sia il merito della questione, un pungolo alle forze politiche di maggioranza a fornire un’incisiva attenzione nel far sì che il rigore economico, necessario, non sia indiscriminato, rientra alla perfezione nel ruolo di “magistrato di persuasione e d’influenza”. Berlusconi e i suoi sono rimandati in diritto costituzionale ed invitati ad approfondire gli studi in materia: Berlusconi in particolare necessita di studi approfonditi, quelli compatibili con i suoi 74 anni. Basterebbe ridurre di un pochettino l’intensissima vita di società con giovinette. Berlusconi, non consapevole di tale necessità, ha recentemente fornito omaggio a Cossiga, elogiando di questi l’assunto secondo cui “la Costituzione non è un dogma”. Anche tale affermazione è del tutto sconcertante: ogni singola Costituzione può essere messa in discussione, (anche se occorre essere cauti in ogni modifica della Costituzione italiana, modello di democrazia italiana, certamente da aggiornare, ma la cui modifica radicale sarebbe del tutto incomprensibile), ma non si può mettere in discussione il valore centrale della Costituzione e quindi il costituzionalismo, con il massimo rigore nella tutela dei diritti e della democrazia e dell’equilibrio tra poteri. Sono proprio tali valori che invece Berlusconi vuole colpire al cuore: e proprio da Berlusconi e dai suoi vengono richiami sulle regole. “Ma mi faccia il piacere”, diceva Totò, sempre attuale. Mentre si stavano redigendo le presenti note, il Nostro ha tirato fuori dal cilindro l’ennesimo gioiello costituzionale: vorrebbe, in caso di fiducia al Governo da parte di una delle due camere, che venga assolta solo l’altra. Ma il voto del popolo per formare un Parlamento effettivo e forte non può essere rimesso a siffatte alchimie che al limite potrebbero essere valide solo in relazione alla Costituzione del Congo Belga (la nostra Costituzione prevede sì lo scioglimento di una sola delle Camere, ma solo in situazioni eccezionali, di disallineamento eventuale tra la scadenza dell’una e la scadenza dell’altra, non certo quando vi è una crisi politica, in quanto altrimenti si potrebbero formare due Camere con maggioranza diversa, creando lo stallo del Paese), per usare un’altra celebre espressione di Totò: il costituzionalismo è una materia del tutto incompatibile con Berlusconi, ed a questo punto anche Totò si rifiuterebbe di profferire altre battute, e rimarrebbe sconsolato e muto.

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